2023 XVII EDIZIONE
VINCE COLM TÓIBÍN 

 

Colm Tóibín, Il mago
traduzione di Giovanna Granato – Einaudi

Cresciuto tra le comodità e i privilegi borghesi della Lubecca di inizio Novecento, il giovane Thomas Mann si avvia, non senza difficoltà, a intraprendere la sua carriera letteraria. La famiglia, infatti, lo vorrebbe impiegato in una compagnia di assicurazioni, non ravvisando in lui il talento che invece viene riconosciuto al fratello Heinrich. Per giunta la sensibilità artistica di Thomas si accompagna a un modo intenso e appassionato di vivere i rapporti familiari e sociali, con slanci tuttavia non sempre compresi o corrisposti. Il matrimonio con Katia Pringsheim – rampolla di una facoltosa famiglia ebrea di Monaco nel cui salotto si incontra l’élite culturale del Paese, e gemella del conturbante Klaus – sembra capace di disciplinare le energie emotive e creative di Thomas, portandogli in dono la paternità di sei figli e una cornice di normalità entro cui poter esprimere la propria urgenza narrativa e scongiurare lo stigma che altrimenti la sua omosessualità gli attirerebbe. Intorno alla quotidianità di casa Mann si muovono familiari e conoscenti, figure tratteggiate per ciò che sono e per ciò che suscitano nella mente, nel corpo e nell’ animo del Mago – come i figli si divertono a chiamarlo – e che spesso si traducono nei personaggi degli acclamati romanzi che Thomas continua a scrivere seguendo una metodica ed eremitica routine. Gli anni della fama letteraria di Mann, prima e dopo il premio Nobel per la Letteratura del ’29, coincidono tuttavia con l’ ascesa di Hitler al potere e con la sua trasformazione da potenziale minaccia a carnefice. L’anticamera della Seconda guerra mondiale e delle persecuzioni naziste è per la famiglia Mann l’inizio di un esilio che li porterà dalla Germania agli Stati Uniti, passando per Svizzera, Francia e Svezia. La loro vita intrinsecamente romanzesca – gioie e tragedie, nascite e morti, passione e disperazione – si intreccia con i grandi stravolgimenti e i grandi personaggi della storia del Novecento, da Mahler a Einstein, creando coincidenze e collegamenti che amplificano la biografia personale in una biografia «totale», mentre il protagonista continua a interrogarsi sulla natura, l’autenticità e l’adeguatezza delle proprie idee ed emozioni, anche quando – ricongiungendosi con la sua patria – la troverà sfigurata dall’irreparabile orrore della guerra.

Colm Tóibín è nato a Enniscorthy nel 1955. Oltre che di due raccolte di racconti e numerose opere saggistiche, è autore di altri nove romanzi, fra cui Il faro di Blackwater (Fazi, 2002) e Il testamento di Maria (Bompiani, 2014), finalisti al Booker Prize, The Master (Fazi, 2004), vincitore dell’IMPAC Award, e per Einaudi La casa dei nomi (2018) e Brooklyn (2019), vincitore del Costa Book Award for Novel 2010 e nel 2015 trasposto nel pluripremiato film omonimo.

Motivazione: “È difficile per me parlare di Colm Tóibín come uno dei tanti scrittori che venivano a soggiornare e lavorare a Santa Maddalena, perché Colm è stato il mio primo ospite, venuto qui perché stava scrivendo il suo libro su Henry James. Voleva assorbire l’atmosfera di Firenze di quei tempi, e in questa casa così lontana da tutto trovava ancora un’atmosfera, dei piccoli dettagli, qualche segno insomma di gentilità. Quelle visite sono diventate più frequenti, e sono andate di pari passo con i viaggi che abbiamo fatto insieme. La nostra amicizia è stata anche vedere insieme, sviluppare un modo di guardare comune. Colm sapeva guardare con occhio ironico il mio modo di guardare. Premiare Colm è in fondo molto facile: penso che Colm sia uno degli scrittori più originali e interessanti che questi anni di intenso lavoro con gli artisti mi hanno regalato”. Beatrice Monti della Corte


2023 FINALISTI XVII EDIZIONE
 

Anuk Arudpragasam, Passaggio a Nord
traduzione di Andrea Silvestri – La Nave di Teseo


FINALISTA BOOKER PRIZE 

Una sera, Krishan, da poco rientrato a casa dal lavoro, riceve una telefonata inaspettata. Rani, l’ex badante di sua nonna, è morta in circostanze poco chiare, il suo corpo è stato trovato sul fondo di un pozzo, nel suo villaggio nel nord dello Sri Lanka, con il collo spezzato dalla caduta. La notizia arriva quasi in contemporanea con una e-mail altrettanto inaspettata da parte di Anjum – un’attivista di cui Krisham si era innamorato quattro anni prima mentre viveva a Delhi –, ed è il primo contatto da quando si sono lasciati. La missiva porta con sé ricordi e desideri che Krisham credeva ormai lontani.
Scosso da questa coincidenza, decide di tornare a nord per partecipare al funerale di Rani. Durante il viaggio attraversa un paese dilaniato dal sanguinoso conflitto tra la minoranza tamil e il governo dello Sri Lanka. Il viaggio fisico diventa anche un viaggio nella memoria e nell’anima,
tra ricordi e sentimenti perduti. Passaggio a nord è il potente racconto di un Paese smembrato dalla guerra civile, ma anche la storia di un amore, quello tra Krisham e Anjum, che rivela la forza dei sentimenti e la grazia della giovinezza tra le macerie dell’odio.

ANUK ARUDPRAGASAM è nato nel 1988 a Colombo nello Sri Lanka da una famiglia di etnia tamil. Ha studiato negli Stati Uniti e si è laureato in filosofia alla Columbia University, ora vive tra l’India e lo Sri Lanka. Il suo romanzo d’esordio The Story of a Brief Marriage è stato pubblicato nel 2016 ed è stato successivamente tradotto in francese, tedesco, ceco, cinese e olandese. Il romanzo ha vinto il DSC Prize for South Asian Literature, ed è stato selezionato per il Dylan Thomas Prize e l’Internationaler Literaturpreis. Passaggio a nord è stato selezionato per il Booker Prize e inserito tra i migliori libri dell’anno per il Times e per la National Public Radio statunitense.

 

Hernan Diaz, Trust
traduzione di Ada Arduini – Feltrinelli 

 

VINCITORE PREMIO PULITZER PER LA NARRATIVA 2023

New York, anni cinquanta. Dopo la pubblicazione di un romanzo mendace e offensivo sulla sua vita, il ricchissimo finanziere Andrew Bevel, diventato milionario dopo alcune speculazioni seguite al crollo in Borsa del ’29, assume la giovane Ida Partenza, figlia di un anarchico italiano, perché lo aiuti a scrivere un’autobiografia in grado di raccontare finalmente la verità sui suoi successi e sulla sua defunta moglie, Mildred. Ida intuisce presto che nemmeno dalla sua penna, strettamente controllata dal committente, uscirà il ritratto fedele di una donna complessa la cui reale personalità continua a sfuggirle, e la morte improvvisa di Bevel la costringe infine a lasciare incompleto il lavoro. Soltanto trent’anni dopo ha la possibilità di accedere agli archivi della Fondazione Bevel, dove trova finalmente il diario di Mildred, prezioso tassello mancante all’enigma che ha lasciato nella sua vita un’impronta indelebile. Quattro testi, quattro generi letterari, quattro voci, quattro punti di vista compongono un raffinato gioco di specchi in cui dietro le scelte di un leggendario uomo d’affari americano si intravede la figura polimorfa e affascinante di una moglie, artefice misconosciuta della sua fortuna.

Hernan Diaz è Managing Editor di “Revista Hispánica Moderna” (RHM), e direttore associato dell’Istituto ispanico presso la Columbia University. È l’autore di Borges, Between History and Eternity (Bloomsbury, 2012); Il falco (Neri Pozza 2018), finalista al premio Pulitzer 2018; e Trust, vincitore del Pulitzer per la narrativa 2023.

 

Lauren Groff, Matrix 
traduzione di Tommaso Pincio – Bompiani

Inghilterra, Dodicesimo secolo. Marie, bandita dalla corte della regina Eleonora d’Aquitania, che ama di un amore ardente, è una ragazza sola, figlia illegittima di re, inutilmente colta, inutilmente appassionata, destinata com’è a una vita di clausura in un’abbazia che ha conosciuto giorni migliori, abitata da un piccolo popolo di donne inacidite dalla segregazione, dispettose, anche solo vecchissime. Però Marie riconosce in quell’enclave isolata, così importante per l’economia del contado, una possibilità di crescita, di potere, anche. E così prende le redini di un’impresa tutta da costruire che la porterà a scivolare in silenzio fuori dal raggio autoritario del clero locale, verso un’indipendenza di spirito e di azione destinata a trasformare l’abbazia in un cuore pulsante di energie, fervido di progetti, illuminato, vivo, in cui ogni donna ha il suo posto e la sua occasione di brillare. Ma da fuori premono l’invidia, le chiacchiere, la curiosità morbosa per quell’Utopia prima del tempo, tutta al femminile; e la badessa Marie è la prima a rendersi conto che libertà di pensiero e controllo della comunità sono a tratti inconciliabili, che il potere si conquista e si mantiene a caro prezzo, che le passioni, di qualunque tipo, sono pericolose. Tra autentiche credenti, reiette e bastarde, figlie cadette, ragazze sole al mondo gettate via come stracci, nobildonne radiose, la vita dentro le mura del convento, al centro di un labirinto progettato per isolarlo dalle brutture, è complicata quanto quella di fuori, forse anche di più. Lauren Groff torna al romanzo con una storia serrata e originale, che ha il passo dell’epica, la luce di una canzone d’amor cortese e lo scintillio tagliente dell’anima della sua Marie.

Lauren Groff è nata nel 1978 a Cooperstown, nello Stato di New York, vive in Florida con il marito e i figli. È autrice dei romanzi I mostri di Templeton, apprezzato da Stephen King, Arcadia e Fato e furia, finalista al National Book Award 2015, segnala to tra i migliori libri del 2015 da Amazon, il “Washington Post”, “Kirkus” e il “Library Journal”, e indicato da Barack Obama come miglior romanzo dell’anno. Con Bompiani ha pubblicato Fato e furia e la raccolta di racconti Florida.

Antoine Volodine, Le ragazze Monroe
traduzione di Anna D’Elia – 66thand2nd

In un mondo sopravvissuto alla catastrofe militare e politica, dove l’umanità residua popola un immenso ospedale psichiatrico, Monroe, un ex membro del Partito eliminato anni addietro in seguito a delle lotte interne, organizza dall’aldilà un commando di terroriste per sovvertire l’ordine costituito e
scatenare la rivolta. La Polizia e i Servizi segreti braccano le ragazze all’interno dell’ospedale e cercano di introdurre alcuni agenti nel mondo dei morti per far fuori Monroe e salvare il Partito. Ma gli infiltrati spediti sulle loro tracce, che utilizzano tecniche sciamaniche unite a sofisticatissime attrezzature paranormali, sono pervasi da dubbi e fiaccati da un rassegnato disincanto. In un’atmosfera plumbea che ricorda Blade Runner, percorsa da una stralunata vena comica e da un ambiguo erotismo, Volodine ci regala un magistrale noir metafisico in cui il confine tra vivi e morti, terroristi e spie, potere e rivolta è ormai impalpabile e l’unica vera realtà sembra essere quella della grande letteratura.

Antoine Volodine, fondatore del movimento post-esotico, corrente letteraria che mescola realtà onirica e politica, Antoine Volodine è nato in Francia nel 1950. Tra le opere pubblicate da 66thand2nd, Terminus radioso (prix Médicis 2014), Il post-esotismo in dieci lezioni, lezione undicesima, Gli animali che amiamo, Sogni di Mevlidò, oltre a Black Village con l’eteronimo di Lutz Bassmann.


PREMIO GREGOR VON REZZORI – CITTÀ DI FIRENZE PER LA MIGLIORE TRADUZIONE DI UN’OPERA NARRATIVA STRANIERA

Bruno Arpaia per Il Castello di Barbablù di Javier Cercas – Guanda

Bruno Arpaia è nato nel 1957 a Ottaviano, in provincia di Napoli. Romanziere, giornalista, consulente editoriale e traduttore di letteratura spagnola e latinoamericana, per Guanda ha pubblicato: Tempo perso (Premio Hammett Italia 1997), L’angelo della storia (Premio Selezione Campiello 2001, Premio Alassio Centolibri – Un autore per l’Europa 2001), Il passato davanti a noi (Premio Napoli e Premio Letterario Giovanni Comisso 2006), Per una sinistra reazionaria, L’energia del vuoto (finalista al Premio Strega 2011 e vincitore del Premio Merck Serono), La cultura si mangia!, con Pietro Greco, L’avventura di scrivere romanzi, con Javier Cercas, Prima della battaglia, Qualcosa, là fuori, Luis Sepúlveda. Il ribelle, il sognatore, oltre a una conversazione con Luis Sepúlveda, Raccontare, resistere. I suoi libri sono tradotti in molte lingue.

2022 XVI EDIZIONE, VINCE JAVIER MARÍAS

 

Javier Marías, Tomás Nevinson traduzione di Maria Nicola – Einaudi

Javier Marías è nato a Madrid nel 1951. Della sua opera Einaudi ha pubblicato Domani nella battaglia pensa a me, Tutte le anime, Un cuore cosí bianco, L’uomo sentimentale, Nera schiena del tempo, Malanimo, Quand’ero mortale, Selvaggi e sentimentali, Vite scritte, Traversare l’orizzonte, Interpreti di vite, la trilogia de Il tuo volto domani (Febbre e lancia, Ballo e sogno e Veleno e ombra e addio), Gli innamoramenti, I territori del lupo (suo primo romanzo, pubblicato originariamente nel 1971), Il secolo (pubblicato originariamente in Spagna nel 1983 e uscito per la prima volta in traduzione italiana nel 2013), Mentre le donne dormono, Così ha inizio il male, Berta Isla, Vite scritte e Tutti i racconti.
 

Motivazione

Berta Isla era un romanzo di attese e di fantasmi. Raccontava la storia di una donna che si ritrova a costruire la sua vita attorno all’assenza del marito. Una vita che scorre lenta e dolente, con moltissime domande e quasi nessuna risposta. La vita del marito,Tomás Nevinson, invece, dev’essere stata una vita avventurosa. È la vita di un agente segreto, piena di colpi di scena, inganni e accelerazioni. Ecco che a rigore, se il romanzo di Berta Isla era un romanzo sui vuoti, un romanzo dedicato a Tomás Nevinson dev’essere un romanzo sui pieni. Ma la letteratura non ha molto a che fare con il rigore e infatti anche Tomás Nevinson è un romanzo di attese e fantasmi, forse con ancora più attese e fantasmi. Javier Marías ha deformato la spy story e scavando dall’interno ha ritrovato le radici del romanzo psicologico. Tomàs Nevinson ci guarda e ci riguarda. È un personaggio pensoso e riflessivo, che ha capito che nell’inganno di chi vive sotto mentite spoglie c’è nascosta una porta d’accesso alle nostre verità più profonde.

Viviamo in un mondo che non sembra avere nessuna intenzione di rallentare: le scorciatoie sembrano diventare le uniche strade possibili e per la fretta di arrivare al punto colpire il bersaglio diventa sempre più difficile. Un libro alla volta, Javier Marías ha dimostrato che il romanzo ha ancora il potere di piegare questo ritmo del mondo, farlo rallentare fino quasi a fermarlo. Ma non è solo una questione di ritmo e neppure il semplice desiderio di andare controcorrente. È invece la necessità di un tempo diverso, il tempo necessario per scavare più a fondo, quasi un monito che ci ricorda di continuare a coltivare i pensieri larghi.


2022 FINALISTI XVI EDIZIONE
 

Louise Erdrich, Il guardiano notturno traduzione di Andrea Buzzi – Feltrinelli

PREMIO PULITZER PER LA NARRATIVA 2021
La vita, la fiera identità culturale, gli amori e le lotte sociali di una piccola comunità di indiani nella riserva della Turtle Mountain, Nord Dakota, a metà degli anni cinquanta, minacciata da un disegno di legge che vorrebbe smantellare le riserve, in quello che gli indiani considerano l’atto finale dell’estinzione del loro popolo. Thomas Wazhashk, nella sua funzione di presidente tribale, unico personaggio reale insieme al senatore mormone fautore del provvedimento, riuscirà a evitare che la legge venga approvata. Su questo sfondo storico si snodano le vicende della giovane Pixie, cui è affidato il sostentamento della famiglia, delle sue inquietudini sentimentali, dell’insegnante bianco Barnes che si strugge per lei, del pugile Wood Mountain che la corteggia e la attrae. Sarà proprio lui ad accompagnarla a Minneapolis alla ricerca della sorella scomparsa nei meandri della metropoli e probabilmente vittima di loschi figuri con cui anche Pixie, inesperta ma determinata, dovrà fare i conti. Percorso da un umorismo sottile e spiazzante, popolato da personaggi acutamente tratteggiati, fra antichi rituali e irruzioni di magia che però poi trovano sempre il loro punto di caduta nella razionalità, Il guardiano notturno è il ritratto emozionante e indimenticabile di una comunità in lotta per la sopravvivenza nonostante le continue aggressioni legislative, religiose ed economiche.

Louise Erdrich è autrice di romanzi, poesie, racconti, libri per l’infanzia e di un memoir sulla sua precoce maternità. Molto premiata e amata dai lettori, è considerata una delle più importanti scrittrici americane contemporanee. Ha pubblicato con Feltrinelli: Tracce (1992), La casa di betulla (2006), Passo nell’ombra (2011), La casa tonda (2013), con cui si è aggiudicata il National Book Award 2012, Il giorno dei colombi (2014), finalista al premio Pulitzer per la narrativa nel 2009, LaRose (2016) che le è valso il National Book Critics Circle Awards 2017 e La casa futura del Dio vivente (2018). Con Il guardiano notturno ha vinto il premio Pulitzer per la narrativa 2021. Vive in Minnesota con le figlie ed è proprietaria della Birchbark Books, una piccola libreria indipendente.

 

Georgi Gospodinov, Cronorifugio, traduzione di Giuseppe Dell’Agata – Voland

Gaustìn, un bizzarro personaggio che vaga nel tempo, inaugura a Zurigo una “clinica del passato” dove accoglie quanti hanno perso la memoria per aiutarli a riappropriarsi dei loro ricordi. Ogni piano dell’edificio riproduce nei dettagli un decennio del secolo scorso, e la prospettiva di un confortevole rifugio dal presente finisce per allettare anche chi è perfettamente sano. In Europa intanto viene indetto il primo referendum sul passato e la campagna elettorale si fa ben presto movimentata… Il nuovo, attesissimo romanzo di Georgi Gospodinov ci porta a Zurigo, Sofia, Vienna, Sarajevo, Brooklyn, e in altri luoghi e tempi, e ci mette di fronte a tutta l’incertezza del futuro, mescolando satira e nostalgia, storia e ironia, in un irresistibile viaggio nello sconfinato continente di ieri.

Georgi Gospodinov (Jambol, 1968), poeta e prosatore innovativo e raffinato, è considerato lo scrittore più talentuoso della Bulgaria. Con il suo esordio narrativo, Romanzo naturale (Voland 2007) ha subito incontrato il favore di critica e pubblico che ne hanno decretato lo straordinario successo. Recente vincitore del Premio Strega Europeo con il suo ultimo romanzo Cronorifugio (Voland 2021), proprio con Fisica della malinconia (Voland 2013) ha raggiunto la notorietà imponendosi sulla scena internazionale. Di Gospodinov Voland ha pubblicato anche tre raccolte di racconti: …e altre storie (2008), E tutto divenne luna (2018) e Tutti i nostri corpi (2020).

 

Benjamín Labatut, Quando abbiamo smesso di capire il mondo, traduzione di Lisa Topi – Adelphi

C’è chi si indispettisce, come l’alchimista che all’inizio del Settecento, infierendo sulle sue cavie, crea per caso il primo colore sintetico, lo chiama «blu di Prussia» e si lascia subito alle spalle quell’incidente di percorso, rimettendosi alla ricerca dell’elisir. C’è chi si esalta, come un brillante chimico al servizio del Kaiser, Fritz Haber, quando a Ypres constata che i nemici non hanno difese contro il composto di cui ha riempito le bombole; o quando intuisce che dal cianuro di idrogeno estratto dal blu di Prussia si può ottenere un pesticida portentoso, lo Zyklon. E c’è invece chi si rende conto, come il giovane Heisenberg durante la sua tormentosa convalescenza a Helgoland, che probabilmente il traguardo è proprio questo: smettere di capire il mondo come lo si è capito fino a quel momento e avventurarsi verso una forma di comprensione assolutamente nuova. Per quanto terrore possa, a tratti, ispirare. È la via che ha preferito Benjamín Labatut in questo singolarissimo e appassionante libro, ricostruendo alcune scene che hanno deciso la nascita della scienza moderna. Ma, soprattutto, offrendoci un meraviglioso intrico di racconti, e lasciando scegliere a noi quale filo tirare, e se seguirlo fino alle estreme conseguenze.

Benjamín Labatut è nato a Rotterdam nel 1980 e attualmente vive in Cile. Di lui Adelphi ha recentemente pubblicato Quando abbiamo smesso di capire il mondo (2021), diventato immediatamente un caso editoriale.

 

Robin Robertson, Un nodo alla gola, traduzione di Matteo Campagnoli – Guanda

Walker è un veterano della Seconda guerra mondiale cui è stato diagnosticato un disturbo post-traumatico da stress; dal momento che non può fare ritorno in patria, nella rurale Nuova Scozia, decide di recarsi in città, alla ricerca di anonimato, riparo e libertà. Mentre Walker passa da New York a Los Angeles e San Francisco, davanti agli occhi del lettore scorre un periodo cruciale della storia americana. L’American Dream è ormai sfumato, ma il Paese ha bisogno degli stranieri per capire e incanalare le nuove ansie che lo percorrono. Nei doppi panni di estraneo prima e, pian piano, di membro di quella società, Walker trova lavoro come giornalista e cerca di ricomporre la sua vita proprio nel momento in cui l’America inizia a crollare, lacerata da divisioni sociali e razziali, e colpita dall’aumento della corruzione e dal tracollo di interi quartieri, in mano alla malavita. L’originale prosa in versi di Robin Robertson ci porta con vivida immediatezza nella scena urbana postbellica e nel cuore di un protagonista indimenticabile.

 
Robin Robertson è nato in Scozia nel 1955 e vive a Londra. Membro della Royal Society of Literature, è anche autore di numerosi libri di poesie che hanno avuto diversi riconoscimenti tra cui il Walter Scott Prize for Historical Fiction, il Goldsmiths Prize for Innovative Fiction, e il Roehampton Poetry Prize. È anche l’editor dei romanzi di Irvine Welsh e con Nodo alla gola è stato finalista al Man Booker Prize.

PREMIO GREGOR VON REZZORI – CITTÀ DI FIRENZE PER LA MIGLIORE TRADUZIONE DI UN’OPERA NARRATIVA STRANIERA

Claudia Zonghetti per I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij – Einaudi

Claudia Zonghetti è nata a Fano, ha studiato a Venezia e vive a Milano. Da una ventina d’anni traduce narrativa e saggistica russa. Tra coloro ai quali ha dato voce italiana figurano Bulgakov, Florenskij, Politkovskaja, Šalamov, Bunin, Grossman, Tolstoj e ora Dostoevskij. Sua è la traduzione dell’Anna Karenina comparsa nella serie delle Grandi traduzioni. Ha collaborato alla compilazione del Dizionario russo-italiano / italiano-russo di Julia Dobrovolskaja (Hoepli). L’ultimo premio vinto è il Read Russia (2018-2020).

2021 XV EDIZIONE, VINCE MAAZA MENGISTE

 

Maaza Mengiste, Il Re Ombra (The Shadow King) traduzione di Anna Nadotti – Einaudi

Nata a Addis Abeba e residente a New York, Maaza Mengiste è Fulbright Scholar e docente di scrittura al Queens college. Nel 2007 è stata nominata «New Literary Idol» dal New York Magazine e nel 2020 ha ricevuto un Award in Literature dall’American Academy of Arts and Letters. È l’autrice di Lo sguardo del leone (Neri Pozza, 2010), inserito dal Guardian tra i dieci migliori libri africani contemporanei. Il re ombra ha vinto il Premio The Bridge 2019 per la Narrativa, è stato finalista al Booker Prize 2020 e selezionato fra i migliori libri dell’anno da The New York Times, Npr, Elle e Time.

Motivazione

La vincitrice di quest’anno è Maaza Mengiste, una scrittrice americana nata in Etiopia, cha ha scelto di scavare nella storia della guerra etiope, e nel farlo ha dissotterrato una miniera di fatti non ancora conosciuti, storie e persone straordinarie.

Il Re Ombra è il suo secondo romanzo sul soggetto. Affronta la questione della loro identità e intrecciata con questo tema c’è la storia di due uomini e due donne. Uno degli uomini è Kidane, e le due donne sono sua moglie Aster e Hirut, la giovane orfana che Kidane ha accolto in casa sua. Il secondo uomo è un ebreo italiano di Venezia, Ettore, un fotografo le cui immagini della guerra immortalano la ferita sanguinosa di una nazione. È, tra le altre cose, anche la storia di Minim, il cui nome significa “nulla”, come Ulisse era nessuno, e che possiede una prodigiosa somiglianza con l’imperatore Haile Selassie.

La straordinaria abilità di Maaza Mengiste sta nell’intrecciare queste storie e queste immagini costruendo un palinsesto narrativo che non pretende mai di raccontare una versione completa e definitiva della storia. La verità sta nella complessità indicibile che si può cogliere solo nei suoi frammenti, raccogliendo brani e rivelazioni appena accennate, o nella voce di un coro che commenta i fatti come in una tragedia greca. La storia ufficiale dice che la guerra fu combattuta dagli uomini. L’autore ci svela che le donne, in battaglia, svolsero un ruolo altrettanto importante. Ed è soltanto una delle rivelazioni del Re Ombra, una saga complessa, avvincente e commovente, oltre che oggi necessaria.
 

2021 FINALISTI XV EDIZIONE

Luc Lang, La Tentazione (La Tentation) traduzione di Tommaso Guerrieri – Edizioni Clichy

È la storia di un mondo che precipita, un vecchio mondo dove tutto improvvisamente si sgretola e si incendia, e di un nuovo mondo che sorge, dove tutto ciò che si credeva non conta più, dove ogni riferimento salta e dove la realtà ci appare improvvisamente opposta a ogni nostro pensiero. François, chirurgo cinquantenne, celebre, rinomato e all’apice della carriera, ama la caccia. Gli piace la ricerca della preda, gli piace avere il potere di uccidere. È un uomo che ha costruito intorno a sé regole, abitudini e sentimenti che gli corrispondono e ne hanno fatto un vincente. Un giorno, a caccia, si trova di fronte un cervo maestoso, e, colpito da quella seducente magnificenza, ha un momento di esitazione. Spara, ma non lo uccide. Quando si trova di fronte l’animale ferito, invece di finirlo come ci si aspetterebbe da lui, come lui stesso si aspetterebbe da se stesso, decide di caricarlo sul suo pick-up e di salvarlo. Da qui inizia il viaggio del protagonista verso il suo nuovo io. Afferrare la vita, restituirla: un uomo che si sente onnipotente vivrà le più crudeli prove in questo racconto iniziatico che unisce thriller, western, e una folgorante ode alla natura selvaggia. In questo teso e cinico racconto l’autore descrive gli abissi familiari mettendoli di fronte al caos della nostra società occidentale. E insieme narra lo sperdimento di una generazione di genitori che capiscono di non conoscere i propri figli, divenuti spietati predatori: un figlio banchiere che ha l’avidità di una belva e una figlia smarrita come un animale ferito, persa dietro a un truffatore. Tra loro una madre/matrigna italiana, morbosamente attratta dal figlio maschio, in conflitto con la figlia femmina e preda di derive mistiche. Al crepuscolo della vita, François si chiede cosa può ancora trasmettere di sé a un mondo che non gli corrisponde più. Luc Lang, che raggiunge con questo romanzo la definitiva consacrazione, ci regala una sua personalissima «storia della violenza» mettendo al centro un eroe che crede nella purezza e del quale descrive superbamente la caduta e la redenzione.

Luc Lang è autore di vari romanzi, tra cui Mille six cent ventres (1998, edito in Italia da Passigli), che si è aggiudicato il Prix Goncourt des lycéens. Altri suoi celebri titoli sono La fin des paysages (2006), Mother (2012) e Au commencement du septième jour (2016, pubblicato in Italia da Fazi). Con La tentazione, uscito in Francia nel 2019, si è aggiudicato il prestigiosissimo Prix Médicis.

Robert Macfarlane, Underland, traduzione di Duccio Sacchi – Einaudi

«Scoprire» è togliere ciò che serve a nascondere alla vista, riscattare dalle profondità ciò a cui era negata la luce. Partire dall’oscurità, allora, per comprendere piú chiaramente: è questo che si propone Robert Macfarlane quando decide di intraprendere i suoi viaggi di esplorazione nel sottosuolo. Girando il mondo alla ricerca dei luoghi piú nascosti, inaccessibili, straordinari, l’autore si è affidato a scienziati e guide locali per scendere nel ventre della Terra, e alla pagina scritta per riemergerne con nuove consapevolezze. Perché qui, sotto i nostri piedi, la mappa delle relazioni tra gli esseri umani e la natura si fa complessa, ma anche piú nitida e affascinante. E luoghi insospettabili si rivelano custodi di arcani segreti. Come le Mendip Hills che sovrastano tumuli funerari dell’Età del bronzo, o Boulby, nello Yorkshire, dove in un laboratorio a quasi un chilometro sotto la superficie si registrano segnali della materia oscura dallo spazio. O la romantica Parigi che si sdoppia nell’inquietante città invisibile delle catacombe, oggi considerata meta di pellegrinaggio da chi pratica l’urban exploration. O l’altopiano del Carso, attraversato da fiumi sotterranei scavati nel calcare. O le remote isole Lofoten, animate da misteriosi danzatori rossi dipinti nelle grotte marine, o la Groenlandia, o ancora Olkiluoto, in Finlandia, dove i rifiuti nucleari vengono sepolti in un nascondiglio che potrebbe trasformarsi in un devastante vaso di Pandora per i posteri. E tra le stratificazioni del passato e del presente, Macfarlane scorge anche una speranza per il futuro: perché solo attraverso la conoscenza di ciò che è stato sarà possibile orientarsi negli abissi ignoti di ciò che verrà. E correggere la rotta prima che sia troppo tardi.

Robert Macfarlane è nato a Oxford nel 1976. È scrittore, critico letterario e insegnante all’Emmanuel College di Cambridge. Per Einaudi ha pubblicato Luoghi selvaggi (2011), Le antiche vie (2013) e Montagne della mente (2020). Underland è stato annoverato tra i migliori libri dell’anno da numerose testate, tra cui «The New York Times», «NPR», «The Guardian», e ha vinto il National Outdoor Book Award 2019 per la sezione Natural History Literature.

Colum McCann, Apeirogon, traduzione di Marinella Magri – Feltrinelli

Bassam Aramin è palestinese. Rami Elhanan è israeliano. Il conflitto colora ogni aspetto della loro vita quotidiana, dalle strade che sono autorizzati a percorrere, alle scuole che le loro figlie, Abir e Smadar, frequentano, ai check point. Sono costretti senza sosta a negoziare fisicamente ed emotivamente con la violenza circostante. Come l’Apeirogon del titolo, un poligono dal numero infinito di lati, infiniti sono gli aspetti, i livelli, gli elementi di scontro che vedono contrapposti due popoli e due esistenze su un’unica terra. Ma il mondo di Bassam e di Rami cambia drammaticamente e irrimediabilmente quando Abir, di anni dieci, è uccisa da un proiettile di gomma e la tredicenne Smadar rimane vittima di un attacco suicida. Quando Bassam e Rami vengono a conoscenza delle rispettive tragedie, si riconoscono, diventano amici per la pelle e decidono di tentare di usare il loro comune dolore come arma per la pace. Nella sua opera più ambiziosa, McCann crea Apeirogon con gli ingredienti del saggio e del romanzo. Attraversa i secoli e i continenti, cucendo insieme tempo, arte, storia, natura e politica, in un racconto nello stesso momento struggente e carico di speranza. Musicale, cinematografico, muscolare, delicato, Apeirogon è un romanzo per i nostri tempi.

Colum McCann è autore di sette romanzi e di tre raccolte di racconti. Nato e cresciuto a Dublino, ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali incluso il National Book Award, l’International Dublin Impac Prize, la nomina a Chevalier des Arts et Lettres dal governo francese, l’elezione all’Irish arts academy, diversi premi europei, il Best Foreign Novel Award 2010 in Cina, e una nomination all’Oscar. Nel 2017 è stato eletto all’American Academy of Arts. Le sue opere sono state tradotte in più di 40 lingue. E’ co-fondatore dell’organizzazione non profit Narrative 4, e insegna all’Hunter College. Vive a New York con le moglie Allison e la loro famiglia.

Maggie O’Farrell, Nel nome del figlio (Hamnet) traduzione di Stefania de Franco – Guanda

Estate 1596, Stratford-upon-Avon. Una bambina giace a letto in preda a una forte febbre, mentre il fratello gemello corre in tutte le stanze in cerca d’aiuto. Spalanca le porte una dopo l’altra, ma la grande casa in cui vivono, che di solito brulica di gente e di attività, è avvolta nel silenzio. Il padre, questo Hamnet lo sa bene, è sempre a Londra per lavoro, ma dov’è finita la mamma? Agnes non c’è perché si trova in un campo a coltivare le erbe mediche, di cui conosce tutti i segreti. Non se lo perdonerà mai. Donna forte e fuori dagli schemi, rimasta orfana e cresciuta da una matrigna malevola, adesso più che mai Agnes avrebbe bisogno di William, l’uomo che ha sposato nonostante l’opposizione della famiglia, l’umile e tenace guantaio che a un certo punto, in fuga da un padre oppressivo, ha deciso di trascorrere la maggior parte del tempo in città, assorbito da una passione divorante, quella per il teatro. Ma anche il matrimonio con Agnes avrebbe richiesto le stesse attenzioni, specialmente ora che si trova di fronte alla prova più dura. Questo romanzo, ispirato alla storia del figlio di William Shakespeare, parla di amore e di abbandono, di perdita e di riconciliazione; ma è anche la rocambolesca storia di una pulce che si imbarca su una nave ad Alessandria d’Egitto per diffondere la peste da Venezia in tutta l’Europa; e ancora, è il racconto della tenera vicenda di un bambino la cui vita è stata pressoché dimenticata, ma il cui nome è divenuto immortale grazie a una delle opere teatrali più celebrate di tutti i tempi.

Maggie O’Farrell, nata in Irlanda del Nord nel 1972, è cresciuta tra Galles e Scozia e attualmente vive a Edimburgo. Nella sua carriera di scrittrice ha vinto numerosi premi, tra cui il Somerset Maugham Award e il Costa Novel Award. Guanda ha pubblicato i romanzi La distanza tra noi, La mano che teneva la mia, Istruzioni per un’ondata di caldo, , Il tuo posto è qui, e il memoir Io sono, io sono, io sono. Questo suo ultimo romanzo, Hamnet, (Nel nome del figlio, titolo dell’edizione italiana) ha vinto il Women’s Prize for Fiction 2020 ed è stato inoltre inserito nella lista dei migliori libri del 2020 dalle testate più importanti, come Guardian, Observer, Times e New York Times.


PREMIO GREGOR VON REZZORI – CITTÀ DI FIRENZE
PER LA MIGLIORE TRADUZIONE DI UN’OPERA NARRATIVA STRANIERA

Nicola Crocetti per Odissea di Nikos Kazantzakis – Crocetti Editore-Feltrinelli

Nicola Crocetti è nato nel 1940, in Grecia, dove ha trascorso la prima infanzia. È cresciuto e ha studiato a Firenze, negli Stati Uniti e a Parigi, e vive a Milano, dove per ha lavorato per 35 anni nell’editoria e come giornalista. Nel 1981 ha fondato la casa editrice Crocetti, specializzata in poesia, che per 33 anni ha pubblicato il mensile Poesia, la rivista del suo genere più diffusa in Italia e in Europa. Dal 2020 la casa editrice Crocetti e la rivista Poesia fanno parte del Gruppo Feltrinelli. Ha tradotto migliaia di pagine di narrativa dal greco e oltre 100.000 versi dei maggiori poeti greci contemporanei (tra cui tutte le poesie di Kavafis e di Seferis, numerose raccolte di Ritsos, Elitis e decine di altri poeti). Nel 2020 ha completato dopo sette anni di lavoro la traduzione dell’Odissea di Nikos Kazantzakis, un poema di 33.333 versi, prosecuzione dell’epos omerico, pubblicata da Feltrinelli.

2020 XIV EDIZIONE, VINCE RICHARD POWERS

 

RICHARD POWERS, IL SUSSURRO DEL MONDO (THE OVERSTORY) traduzione di Licia Vighi – La Nave di Teseo

Richard Powers nasce a Evanston, nell’Illinois, nel 1957, e cresce tra la Tailandia e l’America. Si interessa di Fisica, che comincia a studiare alla University of Illinois, ma cambia idea e si laurea in Lettere. Inizia a scrivere. Il suo primo libro, scritto quando Powers ha ventotto anni, s’intitola Tre contadini che vanno a ballare, ed esce nel 1985. Scrive il secondo nel 1988, Il dilemma del prigioniero, con il quale gli viene assegnata la prestigiosa MacArthur Fellowship (Genius Grant). Nel corso della sua carriera scrive altri dieci libri. L’ultimo, Il sussurro del mondo, uscito l’anno scorso in Italia con La Nave di Teseo, gli è valso il Premio Pulitzer. La caratteristica dei suoi libri è di esplorare il rapporto tra gli esseri umani, la tecnologia e il mondo naturale.

Motivazione

Il romanzo di Richard Powers, The Overstory, pubblicato da La Nave di Teseo con il titolo Il sussurro del mondo, è un opera monumentale per la sua architettura complessa che ricorda quella di una cattedrale o di una sinfonia, si potrebbe anche definire omerica.
 
Margaret Atwood si è chiesta chi sarebbe stato Powers se fosse stato uno scrittore dell’Ottocento. Sarebbe stato Herman Melville e avrebbe scritto Moby Dick. Qui al posto del mare c’è il mondo della natura, il popolo degli alberi, una comunità evoluta e intelligente, saggia ed equilibrata, che è alla pari degli esseri umani anche perché è in grado di costruire un linguaggio e di scambiare messaggi. Per questo le storie dei nove protagonisti del romanzo si intrecciano a quella degli alberi in mezzo ai quali vivono. I boschi e le foreste d’America non sono una semplice cornice, uno sfondo di grande bellezza su cui commuoversi, ma veri protagonisti che affascinano il lettore.
 
In questo sorprendente romanzo le radici dei vari personaggi sono sparse per l’intero pianeta, dalla Cina alla Norvegia e all’India, fanno parte di una storia che ci riguarda tutti, tocca l’intero universo, assume un respiro cosmico.
 
Quest’opera americana sembra destinata a segnare una data nella storia della letteratura americana, ma fa anche pensare ad Omero per la vastità e diversità delle civiltà toccate nel suo viaggio: sia uomini che alberi, entrambi preoccupati dal quasi impossibile compito di salvare il mondo.
 

2020 FINALISTI XIV EDIZIONE

RAWI HAGE, IL GIOCO DI DE NIRO (DE NIRO’S GAME) traduzione di Anna Tagliavini – Playground

Bassam e George sono amici del cuore fin da quando erano bambini, cresciuti nei quartieri della Beirut cristiana. Ora che sono giovani uomini vivono le devastazioni della guerra civile a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, che ha trasformato la città nel organizzato da milizie, prepotenti, ladri. Una città in preda alla follia, a logiche violente e insensate, che Hage descrive con ironia e dolore.

Bassam e George, di fronte alle rovine del loro mondo, devono prendere decisioni sul proprio futuro: restare nella città corrotta e sfinita dove sono nati oppure andare in esilio all’estero, per separarsi per sempre dalla sola esistenza che hanno conosciuto?

Bassam sceglie la seconda alternativa e, ossessionato dal desiderio di lasciare Beirut, si imbarca in una serie di piccoli furti per riuscire a fuggire nell’Occidente. Invece George ha scelto le milizie, il crimine organizzato, gli assassini e la droga. Solo che le loro strade sono destinate a incrociarsi con conseguenze esplosive.

Rawi Hage è nato a Beirut, ha lasciato il Libano per il Canada nel 1992 e ora vive a Montreal. Dopo l’esordio con Il gioco di De Niro (2006) ha pubblicato Il ladro del silenzio (2008), Carnival (2012) e Beirut Hellfire Society, che sarà pubblicato da Playground nel 2020.

KHALED KHALIFA, MORIRE È UN MESTIERE DIFFICILE (AL-MAWT ‘AMAL SHAQ) traduzione di Maria Avino – Bompiani

Bulbul ha appena perso il padre, che giace in un ospedale di Damasco. L’ultima promessa che gli ha fatto è stata di seppellirlo accanto alla sorella nel suo paese natale, vicino ad Aleppo. Solo quattrocento chilometri, ma a separare le due città c’è un solco ben più profondo: Damasco infatti è sotto il controllo del regime di Assad, mentre Aleppo è nelle mani dei ribelli. Viaggiare dall’una all’altra con una salma si rivela presto un compito molto arduo, che Bulbul condivide con il fratello Huseyn e la sorella Fatima.

Tra controlli, sbarramenti e minacce i tre ricostruiscono insieme il ricordo del padre e il loro legame, un appiglio di umanità tra i marosi della guerra. Con questa odissea dolorosa e surreale Khaled Khalifa racconta di nuovo il presente siriano e ci mostra senza sconti la quotidianità di chi vive tra le macerie.

Khaled Khalifa è nato ad Aleppo, Siria nel 1964, è autore di numerose sceneggiature di film e serie tv. Vive a Damasco. Tra i fondatori della rivista letteraria Alif, è autore di cinque romanzi, tra cui L’elogio dell’odio (Bompiani, 2011) e Non ci sono coltelli nelle cucine di questa città (Bompiani, 2018), con cui ha vinto la Nagib Mahfuz Medal per la Letteratura nel 2013 ed è stato finalista dell’International Prize for Arabic Fiction nel 2014. 

PHILIPPE LANÇON, LA TRAVERSATA (LE LAMBEAU) traduzione di Alberto Bracci Testasecca – Edizioni E/O

Parigi, 7 Gennaio 2015. Philippe partecipa a una riunione di redazione nella sede di Charlie Hebdo, il giornale satirico di cui è uno dei collaboratori. Mentre si parla dell’ultimo libro di Houellebecq, due uomini armati vestiti di nero fanno irruzione nella sala e cominciano a sparare all’impazzata. Il bilancio è di dodici morti e undici feriti. 

Phillipe Lançon è uno dei sopravvissuti all’attentato di matrice islamica. Una pallottola lo ferisce alla mano, un altra gli porta via la parte bassa del viso: mandibola destra, parte del labbro inferiore, denti. Forse gli attentatori lo credono morto. È l’inizio di un’odissea ospedaliera che durerà nove mesi durante la quale la sua faccia viene ricostruita e rieducata, ma è anche un limbo, uno spazio-tempo intermedio sospeso tra una vita di prima che non esiste più e una vita di dopo che deve ancora cominciare, una dimensione strana in cui il ricordo si mischia con la realtà e con l’allucinazione. 

Philippe Lançon non parla del terrorismo islamico, se non come causa incidentale del suo dramma personale, ma ci accompagna nel suo viaggio di ricostruzione fisica che si svolge in parallelo alla ricostruzione  della memoria, una nebulosa popolata di episodi e di personaggi tanto reali, da François Hollande a Ben Bella a Mario Vargas Llosa, quanto letterari, da Proust a Kafka a Thomas Mann. Ma sono bel altri i personaggi veri che lo assistono nel suo timoroso anelito di rinascita, sono la chirurga Chloé, il dottor Hossein, l’infermiera Annette, il portantino Lulu…   

Philippe Lançon è nato nel 1963 a Vanves. Giornalista e scrittore, scrive per Libération ed è editorialista e giornalista culturale per Charlie Hebdo. Ferito nell’attentato del 7 Gennaio, ha affrontato nove mesi di ospedale e 15 operazioni. La traversata è il suo primo libro, il primo a essere pubblicato nel nostro paese. Nel 2018 ha vinto il Prix Fémina e il Prix Renaudot Special, è stato inoltre finalista al Prix Médicis e Prix Interallié.

SAMANTA SCHWEBLIN, KENTUKI (KENTUKIS) traduzione di Maria Nicola – SUR

Buenos Aires, interno giorno. Ma anche Zagabria, Pechino, Perugia, Tel Aviv, Oaxaca: il fenomeno si diffonde in fretta, in ogni angolo del pianeta, giorno e notte. Si chiamano Kentuki, tutti ne parlano, tutti desiderano avere o essere un kentuki. Topolino, corvo, drago, coniglio: all’apparenza innocui peluche che vagano per il salotto di casa, in realtà robottini con telecamere al posto degli occhi e rotelline ai piedi. Di innocuo, in effetti, hanno ben poco: scrutano, sbirciano, si muovono per soddisfare la curiosità dell’utente anonimo che li manovra da lontano, ovunque nel mondo. Così, una pensionata di Lima può seguire la vita di un’adolescente tedesca, e gioire o preoccuparsi per lei; o un ragazzino di Antigua può lanciarsi in un’avventura per le lande norvegesi, e vedere per la prima volta la neve (attraverso il tablet). Le possibilità sono infinite, e non sempre limpide: oltre a curiosità e tenerezza, il nuovo dispositivo scatena infatti forme inedite di voyeurismo e ossessione. Come i kentuki aprono una finestra sulla nostra quotidianetà più intima, così Samanta Schweblin apre uno squarcio nella narrazione del reale: un romanzo che è un mosaico di storie intrecciate e ambigue quanto la contemporaneità che ci circonda. Con una prosa lucida e dal ritmo vertiginoso, l’autrice cattura il lettore in una rete di episodi che ricordano la migliore distopia alla Black mirror. Paragonata niente meno che a Kafka, Shirley Jackson e David Lynch per le atmosfere cupe e magnetiche, Samanta Schweblin è una delle autrici argentine contemporanee più apprezzate a livello internazionale, che con Kentuki ci regala un romanzo ipnotico e sorprendente.

Samanta Schweblin è una scrittrice argentina di fama internazionale. Nel 2010 è stata selezionata dalla rivista Granta come una dei 22 migliori scrittori in lingua spagnola sotto i 35 anni, riconoscimento in seguito confermato da numerosi premi letterari. Tra le sue opere: La pesante valigia di Benavides (Fazi, 2010) e Distanza di sicurezza (Rizzoli, 2017). Oltre a Kentuki, SUR pubblicherà due sue raccolte di racconti, Siete casas vacías, che le ha valso il prestigioso Premio Ribera del Duero nel 2015, e Pájaros en la boca, la cui traduzione in inglese è stata candidata al Man Booker International Prize.


PREMIO GREGOR VON REZZORI – CITTÀ DI FIRENZE
PER LA MIGLIORE TRADUZIONE DI UN’OPERA NARRATIVA STRANIERA

MONICA PARESCHI per CIME TEMPESTOSE di EMILY BRONTË – Einaudi

Monica Pareschi è traduttrice letteraria e collabora con le principali case editrici italiane. Ha curato e tradotto tra gli altri testi di Charlotte Brontë, Edith Wharton, M.me de Lafayette, Doris Lessing, Willa Cather, James Ballard, Bernard Malamud, Paul Auster, Alice McDermott, Shirley Jackson, Mark Haddon, Jesmyn Ward. Nel 2019, per Einaudi, è uscita la sua traduzione di Cime Tempestose di Emily Brontë. Suoi racconti e interventi sono apparsi su blog, antologie e riviste. Nel 2014, per Italic Pequod, è uscita la sua raccolta di racconti È di vetro quest’aria (Premio Renato Fucini 2014, menzione speciale al Premio Arturo Loria 2014, finalista al Premio Bergamo 2015 e al Premio Letterario Internazionale Ceppo Pistoia 2016). È tra gli autori dell’antologia Vinyl, Morellini 2017. È docente a contratto all’Università Cattolica dove insegna traduzione letteraria. Vive a Milano, con suo figlio.

2019 XIII EDIZIONE, VINCE ANNIE ERNAUX

 

ANNIE ERNAUX, UNA DONNA (UNE FEMME) traduzione di Lorenzo Flabbi – L’Orma

Annie Ernaux, nata a Lillebonne (Senna Marittima) nel 1940, è una delle voci più autorevoli del panorama culturale francese. Studiata e pubblicata in tutto il mondo, la sua opera è stata consacrata dall’editore Gallimard, che ne ha raccolto gli scritti principali in un unico volume nella prestigiosa collana Quarto. Nei suoi libri ha reinventato i modi e le possibilità dell’autobiografia, trasformando il racconto della propria vita in acuminato strumento di indagine sociale, politica ed esistenziale. Considerata un classico contemporaneo, è amata da generazioni di lettori e studenti. Della stessa autrice L’orma editore ha pubblicato Il posto, Gli anni, vincitore del Premio Strega Europeo 2016, L’altra figlia e Memoria di ragazza.

Motivazione

“Una donna è un capolavoro minimalista. Qualche giorno dopo la morte della madre malata di Alzheimer in un ospedale alla periferia di Parigi, Annie Ernaux decide di scrivere di lei nel modo più sobrio e sincero che si possa immaginare. Ritrae sua madre in tutta la sua caparbietà, autodisciplina, violenza e tenerezza. La madre (mai citata per nome) lavora notte e giorno, decisa a dare alla figlia una vita migliore della sua. Questo magnifico libro, insieme agli altri pubblicati da Annie Ernaux, è la dimostrazione che le ambizioni di sua madre si sono realizzate. Ma non si tratta soltanto della storia di una famiglia povera che vive nella campagna della Normandia durante e dopo la seconda guerra mondiale. È anche il ritratto di un’intera generazione. Come nel successivo romanzo Gli anni, Annie Ernaux, forse influenzata dal filosofo Bourdieu, dipinge un quadro più ampio degli effetti culturali della povertà su un’intera popolazione. È un libro che tutti potranno apprezzare, per il suo carattere intimo, la sua franchezza e la toccante evocazione di un genitore defunto”.


2019 FINALISTI XIII EDIZIONE
 

 

ANDRÉS BARBA, REPUBBLICA LUMINOSA (REPÚBLICA LUMINOSA) traduzione di Pino Cacucci – La nave di Teseo

Romanziere, saggista, poeta, traduttore, sperimentatore di forme espressive solidamente fondate sul canone occidentale ma protese a rinnovarlo, Andrés Barba ci consegna un oggetto felicemente misterioso e inclassificabile che è molte cose:  fiaba iperrealista “con la morale in sospeso”, apologo politico, puzzle dai troppi pezzi volutamente mancanti, finta cronaca aperta su domande perturbanti.

Nella placida San Cristóbal, città subtropicale circondata da una giungla implacabile, reale e immaginaria come quelle di Garcia Marquez, a metà negli anni ’90 piomba una banda di bambini selvaggi segnati da una inquietante diversità. Nessuno sa chi siano e da dove vengono.  Si rivelano presto “ingegnosamente maligni”, parlano una lingua nuova e magica che sembra voler rinominare inventivamente le cose, non hanno un capo riconosciuto, scippano, rubano,  costruiscono una loro controcittà nel sistema fognario, attaccano e distruggono un supermercato, arrivano a uccidere come obbedendo a un software biologico.

La loro radicale alterità, che provocherà una risposta spietata, finisce per rivelare la fragilità dei nostri strumenti interpretativi, inadeguati e autoindulgenti, incapaci di uscire dai comodi stereotipi di una presunta razionalità,  e di aprirsi ad una lettura della realtà.

La finta oggettività della ricostruzione che vent’anni dopo ne fa un anonimo funzionario dei servizi sociali, si fonda sul rigore della scrittura, così sorvegliata da apparire naturale. Quella che ha le apparenze di un’indagine sociologica diventa così un forte apparato metaforico sulla natura del male, sulla falsa immagine che abbiamo dell’infanzia, ma anche sulla fatale attrazione per tutto quello che ci minaccia: “Ci affascina ciò che ci esclude”, scrive l’autore. Un romanzo acuminato, condotto con mano ferma, che fa di Andrés Barba uno dei narratori più necessari su cui possa contare la letteratura europea.

Andrés Barba (Madrid, 1975) si è fatto conoscere nel 2001 con La sorella di Katia (Premio Herralde de Novela), accolta splendidamente da critica e pubblico, al quale seguirono Ahora tocad música de baile, Versiones de Teresa (Premio Torrente Ballester), Piccole mani, Agosto, ottobre, Ha smesso di pioveree i racconti di La recta intención. La rivista Granta l’ha inserito nella sua prestigiosa lista dei migliori narratori contemporanei di lingua spagnola.

 

ELIF BATUMAN, L’IDIOTA (THE IDIOT) traduzione di Martina Testa – Einaudi 

È il 1995, siamo a Havard, e Selin è all’inizio del suo percorso universitario. Le email – la cosiddetta posta elettronica – sono una novità: non si deve più aspettare settimane e correre alle cassette delle lettere per avere una risposta. Il che scombina, tra le cose, il tempo delle relazioni.

Con questo anacronismo, Elif Batuman apre L’idiota, certamente uno dei romanzi di più strabiliante originalità del 2018, acclamato negli Stati Uniti e non solo come uno dei libri più significativi, arrivato a un soffio dal Pulitzer. Collaboratrice del New Yorker dal 2010, Batuman scrive un romanzo che ha una natura spuria: come tutti i libri che lasciano davvero il segno, è un oggetto letterario non identificato, sospeso com’è tra l’autobiografia, il memoir e il romanzo di formazione.

Dentro ci sono tutte le passioni della scrittrice americana di origine turca che avevamo già incontrato ne I posseduti, irresistibili saggi narrativi dedicati agli scrittori russi. E dunque la lingua russa, l’immigrazione di seconda generazione, e una contagiosa propensione a ridere di sé. Titolare L’idiota – titolo di evidente ascendenza dostoevskiana – una sorta di autobiografia, per quanto molto romanzata, va evidentemente in quella stessa direzione.

Con questo romanzo, che pur essendo tecnicamente un esordio ha la solidità di un romanzo della maturità, Batuman riesce in un miracolo che è concesso a pochi: scrive un libro di altissima caratura letteraria, infarcito di rimandi letterari, che però si legge con lo spasso di una sit-com. A differenza di una sit-com, l’effetto dura a lungo, come a lungo brillerà la stella di questa scrittrice destinata a segnare la letteratura dei prossimi anni.

Elif Batuman, nata a New York nel 1977, dopo il dottorato in Letterature comparate a Stanford, ha iniziato a scrivere su numerose riviste. Collaboratrice del «New Yorker» dal 2010, ha vinto il Whiting Writers’ Award, il Rona Jaffe Foundation Writers’ Award e il Paris Review Terry Southern Prize for Humor. Ha scritto anche I posseduti: Storie di grandi romanzieri russi e dei loro lettori (Einaudi). Su twitter è conosciuta come @BananaKarenina.

 

STEFAN MERRILL BLOCK, OLIVER LOVING (OLIVER LOVING) traduzione di Massimo Ortelio – Neri Pozza

Dopo l’intenso esordio con Io non ricordo, Stefan Merrill Block ci dà una prova decisiva del suo talento con un romanzo che prende di petto il lettore e lo obbliga a misurarsi con gli incubi e i dilemmi etici del nostro tempo. In una cittadina ai confini con il Texas, la mattanza messa in atto  da un giovane immigrato messicano durante il ballo della scuola sprofonda il diciassettenne Oliver in un coma vegetale di dieci anni, disgrega una famiglia, sconvolge per sempre una comunità e avvia un’ondata di xenofobia. Il ragazzo che cercava di passare inosservato  diventa un fantasma che aleggia su una città avvilita, un oracolo muto, un’ossessione, un rimpianto.

Block ha scritto un romanzo sulla fatica della speranza e sulla durezza dei suoi costi, e sulla sospensione del tempo creata dal limbo del coma, in cui i personaggi sono costretti a scoprire chi sono veramente per cercare di rinascere anch’essi una seconda volta. Un romanzo sulle scelte drammatiche cui ci può obbligare la ferocia del caso: l’assunzione delle responsabilità dell’età adulta, che sembra appannaggio della donne e che fa della madre di Oliver una custode della speranza; o la rimozione, l’abbandono e la fuga, che segnano la resa del padre e del fratello, ma anche della ragazza amata da Oliver. Nella mappatura delle nostre fragilità, che Block traccia con mano maestra, con una pietà che nasce dalla spietatezza, stanno cifrate le possibilità di un riscatto che ci può riconsegnare all’umano.

Block è riuscito nella duplice impresa di radiografare lucidamente  l’America degli ultimi decenni e le stragi che la devastano, e di calarsi intrepidamente nel cuore di tenebra della famiglia, il luogo dove si finisce sempre per giocare la partita del grande romanzo.

Stefan Merrill Block è nato a Plano, nel Texas. Tra le sue opere: Io non ricordo (Neri Pozza 2008, Beat 2012) e La tempesta alla porta (Neri Pozza 2011, Beat 2014). Ora vive a Brooklyn con la moglie e la figlia.

 

OLGA TOKARCZUK, I VAGABONDI (BIEGUNI)  traduzione di Barbara Delfino– Bompiani

“La mobilità è realtà”, dice la narratrice anonima del memorabile e magnifico romanzo I vagabondi di Olga Tokarczuk. Il titolo originale dell’opera è “Bieguni”, termine polacco che descrive un gruppo di nomadi slavi che, come mistici moderni, cercano la salvezza nel moto costante. Per rappresentare questa incessante mobilità, Olga Tokarczuk costruisce una storia fatta di pietre di un passatoio, di eventi visti di sfuggita e di personaggi mai raccontati fino alla fine, il tutto come se fosse visto dal finestrino di un’automobile che viaggia veloce. “Traggo la mia energia dal movimento, dagli scossoni di un autobus, dal rombo di un aereo, dal dondolio dei traghetti e dei treni”, ci spiega la narratrice. Di fatto, il mondo ci viene presentato come una Wunderkammer, piena di strani esemplari, bizzarre formazioni, stramberie e meraviglie. I vagabondi ci accompagna in un viaggio magico nel tempo e nello spazio, dal XVII secolo dell’anatomista olandese che scoprì il tendine d’Achille alla nostra sconcertante epoca, passando per il XIX secolo di Chopin, quando, dopo la morte del compositore, la sorella ne riportò il cuore a Varsavia, come una reliquia sacra. I vagabondi è un registro di viaggio, un diario filosofico, uno zibaldone di aneddoti, una raccolta di descrizioni poetiche, un’opera magistrale di finzione e realtà che Walter Benjamin aveva previsto quando scriveva: “[…] i frammenti di un vaso, per lasciarsi riunire e ricomporre, devono susseguirsi nei minimi dettagli, ma non perciò somigliarsi […] “.

Olga Tokarczuk, è nata nel 1962 e ha studiato psicologia a Varsavia. È scrittrice e poetessa tra le più acclamate della Polonia e la sua opera è stata tradotta in trenta paesi. I vagabondi le è valso l’International Man Booker Prize 2018 ed è stato finalista al National Book Award.


 

PREMIO GREGOR VON REZZORI – CITTÀ DI FIRENZE
PER LA MIGLIORE TRADUZIONE DI UN’OPERA NARRATIVA STRANIERA
 

ENRICO TERRINONI per ANTOLOGIA DI SPOON RIVER di EDGAR LEE MASTERS – Feltrinelli

Motivazione

“La “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters è in Italia un classico tra i classici, uno di quei testi sacri e – apparentemente – intoccabili che sembrano resistere impavidi all’avvicendarsi delle generazioni e all’inevitabile modificazione degli orizzonti e dei riferimenti.
Presenti nelle antologie scolastiche più coraggiose già dagli anni Sessanta, quei testi non solo non subirono, da parte dei giovani del Sessantotto, il rifiuto decretato a tutto ciò che provenisse da una qualche autorità – in particolare da quella scolastica –, ma al contrario diventarono una sorta di cifrario di un filone più sommesso e meno eclatante del movimento, quello di una smagata ma pugnace malinconia. Non fu estranea a questa bizzarra “fortuna” del testo la figura, tanto antiautoritaria  quanto a propria volta autorevole, della traduttrice, Fernanda Pivano, che all’opera garantì la stessa aura “rivoluzionaria” che sarà il punto di forza delle sue versioni dei poeti della beat-generation. L’uscita poi, alla fine del 1971, dell’opera di Fabrizio De André Non al denaro, non all’amore né al cielo, che dell’Antologia costituisce una sorta di ritraduzione nel linguaggio musicale, sancì la definitiva monumentalizzazione dell’opera.

Di tutto questo ha dovuto tenere conto Enrico Terrinoni quando, inseguendo un dèmone che conosce bene, quello della sfida al limite del possibile, ha deciso di gettarsi in quest’impresa. Tradurre dopo Pivano non solo si può, ma ormai si deve: bella e “giusta” per i suoi anni, quella versione non morde più come allora, e mostra qua e là le rughe di una prassi traduttiva tutta volta all’adattamento, all’arrotondamento, alla ripulitura; tradurre dopo Pivano e De André è viceversa, ancora oggi, un azzardo e una scommessa. Quelle versioni sono dentro di noi con la forza irresistibile della musica, che le ha come fermate per sempre, consegnandole alla parte più forte, più intima e conservatrice della nostra memoria. Ci voleva tutto il coraggio, tutta l’intelligente e giovanile baldanza di chi ha ritradotto l’Ulisse per fornire una nuova versione dell’Antologia: questa di Terrinoni è bellissima e necessaria, colta e decisa, accurata e convincente; ora orgogliosamente diversa, ora, vorrei dire, affettuosamente vicina a quei due grandissimi. E sempre e fino in fondo consapevole della grande responsabilità etica del traduttore che ri-traduce un classico: la responsabilità di condurre l’opera attraverso il tempo, il proprio e quello che verrà; di lavorare, come avrebbe detto Gregor von Rezzori, per una “effimera eternità”.

Enrico Terrinoni, nato a Gorizia nel 1976, è professore ordinario di Letteratura Inglese all’Università per Stranieri di Perugia. Ha tenuto lezioni e conferenze in più di venti università nel mondo. È stato Research Fellow alla Indiana University, Research Scholar alla Notre Dame University e Research Fellow allo University College Dublin. Ha tradotto numerosi romanzi tra cui Ulisse (Premio Napoli per la Lingua e la Cultura Italiana, 2012) e Finnegans Wake di James Joyce (Premio Annibal Caro 2017), ma anche L’antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, La Lettera Scarlatta di Nathaniel Hawthorne, e le favole di Oscar Wilde. In uscita, per il Saggiatore, il suo Oltre abita il silenzio: Tradurre l’Ombra. E’ giornalista pubblicista e scrive regolarmente per Il manifesto e Left-Avvenimenti, ma suoi articoli sono apparsi sul Corriere, Repubblica, Il Messaggero, La Stampa e altri quotidiani italiani.U

2018 XII EDIZIONE, VINCE GEORGE SAUNDERS

GEORGE SAUNDERS, LINCOLN NEL BARDO – Feltrinelli Editore
George Saunders (Amarillo, Texas, 1958) ha pubblicato quattro raccolte di storie: Bengodi, Pastoralia, Nel paese della persuasione e Dieci dicembre. In più è autore dell’ormai famoso discorso agli studenti, L’egoismo è inutile. Elogio della gentilezza. Con il suo lavoro si è aggiudicato il Folio Prize e due volte il National Magazine Award. È stato incluso dal New Yorker nella lista dei “venti scrittori per il ventunesimo secolo” e nel 2013 è stato insignito del PEN/Malamud Award, il più prestigioso premio statunitense per gli autori di racconti. La rivista Time l’ha inserito fra le cento persone più influenti del mondo. Feltrinelli ha pubblicato Lincoln nel Bardo (2017), il suo primo romanzo, e Nel paese della persuasione (Ue, 2018). Ha vinto il The Man Booker Prize 2017. “Saunders ottiene l’impossibile senza sforzo: siamo fortunati ad averlo.” Jonathan Franzen

Motivazione

Pur essendo uno scrittore divertente, George Saunders è il grande poeta del dolore. Persino la sua definizione di umorismo è tanto accurata quanto sobria: “Umorismo è quando la verità ci viene svelata più rapidamente e in maniera più immediata di quanto siamo abituati”.
Il romanzo a sua firma che nel 2017 gli è valso il Man Booker Prize, Lincoln nel Bardo, esplora i particolari del dolore di un padre rispetto ad un ampio panorama di anime smarrite e salvate. Voci senza corpo parlano, con accenti appartenenti a classi sociali diverse, periodi storici diversi ed etnie diverse, di tutti i misteri della vita nell’aldilà, finché Lincoln pronuncia la parola “morte” e tutte le voci abbandono la loro spettrale esistenza. Come un Dante moderno, ma senza la medesima sistematica topografia, la fede consolatoria o i rancori terreni, Saunders ha immaginato nei dettagli un mondo tetro al di sotto dei nostri piedi.
Ha scritto brevi storie, novelle, saggi, un romanzo, persino libri per ragazzi, di cui uno è stato insignito di un premio in Italia. Ha intimato allo scrittore moderno di astenersi dal proferire giudizi, ma di essere sommamente aperto all’esperienza. Ha perfettamente obbedito ai suoi stessi comandi.


 

2018 FINALISTI XII EDIZIONE

KATIE KITAMURA, UNA SEPARAZIONE – Bollati Boringhieri

Nata in California nel 1979, da genitori di origine giapponese, oggi vive a New York ed è ricercatrice onoraria presso il London Consortium. Amante delle arti marziali ha pubblicato il suo primo romanzo The Longshot nel 2009, a cui ha fatto seguito Gone to the forest finalista al New York Public Librarie’s Young Lions Fiction Award.  Collabora, tra altri, con The New York Times, The Guardian e Frieze.

ANDREÏ MAKINE, L’ARCIPELAGO DELLA NUOVA VITA – La Nave di Teseo

Nato in Siberia nel 1957, oggi vive in Francia dove ha vinto  Prix Goncourt e Prix Médicis. Ha pubblicato una decina di romanzi tradotti in più di quaranta lingue, tra questi Il testamento francese (1995), La musica di una vita e L’amore umano. Nel 2016 è stato eletto all’Académie Française.

 

LAWRENCE OSBORNE, CACCIATORI NEL BUIO – Adelphi

Lawrence Osborne è nato in Inghilterra e ha studiato lingue moderne a Cambridge e Harvard. Ha vissuto a Parigi per dieci anni dove ha scritto il suo primo romanzo Ania Malina e successivamente il diario di viaggi Paris Dreambook.
Si è poi spostato a New York dove vive dal 1992 alternando l’attività nella Grande Mela con lunghi soggiorni nel lontano Oriente.
Ha scritto per il New York Times, Salon, New Yorker, Financial Times, New York Observer, New York Magazine, Forbes, Conde Nast Traveler, Gourmet e Men’s Vogue.
Oltre ad Ania Malina e Paris Dreambook, ha scritto la collezione di saggi The Poisoned Embrace (1993) e un controverso libro sull’autismo intitolato American Normal (2002).
In Italia ha pubblicato per Adelphi Il turista nudo (2006), Shangri-la (2008) e Bangkok (2009).

DAVID SZALAY, TUTTO QUELLO CHE È UN UOMO – Adelphi

David Szalay, nato a Montreal nel 1974, è cresciuto nel Regno Unito, e si è laureato a Oxford. Esordisce con il romanzo London and the South-East, per il quale vince il Betty Trask Award, al quale seguono Innocent (2009) e Spring (2011). Nel 2013 è stato inserito da «Granta» nella lista dei Best Young British Novelists. Nel 2016 Tutto quello che è un uomo (Adelphi 2017) è stato tra i finalisti del Man Booker Prize.


PREMIO GREGOR VON REZZORI ALLA CARRIERA DI TRADUTTORE

CLAUDIO GROFF

Per le mirabili traduzioni di RILKE, KAFKA, BERNHARD, SCHULZE, HANDKE, e GRASS.

2017 XI EDIZIONE, VINCE MATHIAS ENARD

 

MATHIAS ÈNARD  BUSSOLA (LA BOUSSOLE) – e/o 

Mathias Enard è nato nel 1972 a Niort, un comune nei pressi di Bourdeaux. Ha studiato persiano e arabo all’École du Louvre e ha trascorso lunghi soggiorni in Medio Oriente. Vive a Barcellona da circa quindici anni. Tra i numerosi riconoscimenti di prestigio vinti, ricordiamo il Prix du Livre Inter, il Prix Décembre for Zone e il Prix Goncourt / Le Choix de l’Orient per Via dei ladri (Rue des voleurs). Nel 2015 Enard ha ricevuto il Prix Goncourt per Bussola (Boussole).

Motivazione

Bussola (Boussole), ottavo romanzo di Mathias Enard, vincitore del Prix Goncourt nel 2015, riporta i pensieri del narratore Franz Ritter nel corso di una notte di insonne a Viena. Ritter, musicologo specializzato in musica dell’Oriente, la cui mente sembra racchiudere un’intera storia culturale, si alterna tra febbri, ricordi e sogni d’oppio. Ritter rivive frammenti dei suoi numerosi viaggi a Istanbul, Aleppo, Damasco, Palmira e Teheran. L’opera celebra anche la sua storia d’amore con Sarah, una ricercatrice che studia l’attrazione esercitata dall’Oriente su vari avventurieri. 

Nella malinconia crepuscolare di questo romanzo (il narratore ha appena ricevuto una terribile diagnosi medica), Ritter mostra un’erudizione sbalorditiva. In effetti, il brillante lavoro di Enard è imbevuto di quella profonda conoscenza culturale a cui la maggior parte degli scrittori fa soltanto accenni o riferimenti generici; Enard, al contrario, suppone che i suoi lettori siano tanto intelligenti e informati quanto lui. La conoscenza febbrile rappresentata in Bussola abbraccia secoli di storia, un ampio cast di personaggi e una molteplicità di terre; è il fragile ponte tra due culture in pericolo.

 

2017 FINALISTI XI EDIZIONE
 

LÁSZLO KRASNAHORKAI  SATANTANGO – Bompiani

László Krasznahorkai è considerato uno dei più importanti scrittori viventi d’Ungheria. Il suo stile è stato paragonato a quelli di Kafka e Beckett. Nato a Gyula, Ungheria, nel 1954, per alcuni anni László ha lavorato come redattore. Nel 1984 è diventato uno scrittore indipendente. Ha scritto cinque romanzi, due dei quali sono stati tradotti in italiano: Satantango e Melanconia della Resistenza (Az ellenállás melankóliája). Tra i numerosi premi vinti ricordiamo il Miglior Libro dell’Anno in Germania per Melanconia della Resistenza, la Miglior Traduzione per un Libro di Narrativa del 2013 per Satantango e, nel 2015, il Man Booker International Prize. Molte sue opere sono state ridotte in film dal regista ungherese Béla Tarr.

EDUOARD LOUIS  STORIA DELLA VIOLENZA (HISTOIRE DE LA VIOLENCE) – Bompani

Édouard Louis, nato Eddy Bellegueule, è nato e cresciuto nella città di Hallencourt, nel nord della Francia, dove è ambientato il suo primo romanzo Il caso Eddy Bellegueule (En finir avec Eddy Bellegueule). Il libro è stato oggetto di grande attenzione da parte dei media e acclamato per i meriti letterari e l’impegno della storia. Il libro, inoltre, ha dato vita a dibattiti e polemiche sulla percezione della classe operaia. Bestseller in Francia, è stato tradotto in oltre 20 lingue. Nel 2016, Louis ha pubblicato un secondo romanzo, Storia della violenza (Histoire de la violence). Nel raccontare la storia del suo stupro e tentato omicidio alla vigilia del Natale 2012, questo romanzo autobiografico mette a fuoco la natura ciclica e autoperpetua della violenza nella società.

VALERIA LUISELLI  LA STORIA DEI MIEI DENTI (LA HISTORIA DE MIS DIENTES) – La Nuova Frontiera

Valeria Luiselli nasce a Città del Messico nel 1983. Nel 2013 La Nuova Frontiera ha pubblicato la sua raccolta di saggi Carte false (Papeles Falsos) e nel 2015 il suo primo romanzo, Volti nella folla (Los Ingravidos). Nel 2016 è stato pubblicato il suo secondo romanzo La storia dei miei denti (La historia de mis dientes), sempre per La Nuova Frontiera. Considerata una delle 20 migliori scrittrici messicane sotto i 40 anni, ha ricevuto un premio da parte della National Book Foundation per i 5 scrittori sotto i 35 anni. Il suo stile irriverente ed esilarante ricorda autori come Pound, Benjamin e Vila-Matas.

CLEMENS MEYER  ERAVAMO DEI GRANDISSIMI (ALS WIR TRÄUMTEN) – Keller

Clemens Meyer è nato nel 1977 a Halle an der Saale, in seguito si è trasferito nella Germania dell’Est. Meyer è stato oggetto di grande attenzione per il suo primo romanzo Eravamo dei grandissimi (Als wir träumten, 2006), a cui è stato assegnato il Rheingau Literatur Preis e che è stato adattato in film. Il suo secondo libro, Die Nacht, die Lichter (2008), ha vinto il Premio della Fiera del Libro di Lipsia. Gewalten, il suo terzo libro, è stato pubblicato nel 2009 e il suo romanzo Im Stein del 2013 è stato incluso nella long list dell’International Man Booker Prize.


 

PREMIO GREGOR VON REZZORI

 

PER LA MIGLIOR TRADUZIONE DI UN’OPERA DI NARRATIVA STRANIERA

 

ANNA D’ELIA

TERMINUS RADIOSO di Antoine Volodine (66thand2nd) 

2016 X EDIZIONE, VINCE MIRCEA CĂRTĂRESCU

 

MIRCEA CĂRTĂRESCU   ABBACINANTE. IL CORPO. (Blinding) – Voland – Traduzione di Bruno Mazzoni

Mircea Cărtărescu è nato a Bucarest nel 1956. Poeta, romanziere, musicista, giornalista, membro dell’Unione degli Scrittori rumeni, del PEN rumeno e del Parlamento Culturale Europeo, è uno dei più interessanti scrittori dell’Est Europeo. Ha vinto premi importanti sia in Romania che all’estero tra cui il Premio Internazionale per la Letteratura nel 2012 a Berlino, l’anno successivo lo Spycher-Leuk in Svizzera e nel 2015 il Premio di Stato per la Letteratura Europea in Austria. Tra i suoi libri pubblicati in Italia: Nostalgia, Travesti, Perché amiamo le donne, Abbacinante (editi da Voland).

Motivazione

Uno dei libri più travolgenti e originali della nostra epoca, Abbacinante brulica di insetti che sembrano il prodotto di allucinazioni, esseri semi-umani, bachi e farfalle, come nel Pasto nudo di Burroughs. Si tratta di un’autobiografia mitica, come il Paradiso di José Lezama Lima. Opera originale e inventiva come Cent’anni di solitudine; come quella, sarà di ispirazione per innumerevoli altri scrittori in una miriade di lingue. Ma fare paragoni di questo genere è un esercizio senza senso, perché Abbacinante. Il corpo è assolutamente originale. Unico.

È un libro caratterizzato da un tema conduttore medico che ci accompagna nelle tante visite alle cliniche – assolutamente inadeguate — di Bucarest, dove il narratore si frigge il cervello quando si autosomministra degli elettrochoc. Condivide il reparto con due ragazze psicopatiche e sadiche che, ogni qualvolta siano presenti infermieri o medici, ostentano un comportamento normale, mentre invece complottano tra loro per riuscire a umiliarlo e ferirlo.

Il narratore ha un attaccamento morboso per sua madre nei cui confronti ha fantasie grottesche. Viene spesso spinto giù per misteriosi scivoli (ai piedi di un albero, nel sottosuolo dell’ospedale), per finire in mondi abbaglianti abitati da migliaia di mostri ibridi. La storia della Romania e la vita insignificante di Mircea si svolgono in sequenza e si intrecciano, sempre in versioni da incubo. Tutto obbedisce a una logica onirica – con improvvisi salti di scala, di probabilità, di luogo e di generi. Un momento ci troviamo in un grattacielo che sembra un condominio in architettura di stile sovietico, una struttura servita da un inquietante ascensore (un incubatoio di farfalle) che attraversa piani misteriosi e senza inquilini; e subito dopo siamo in un parco pubblico, a osservare le statue degli eroi nazionali.

La scrittura è talmente elettrica e imprevedibile che il lettore non riesce a voltar pagina con sufficiente rapidità. Il libro che stiamo leggendo viene spesso evocato, mentre viene scritto. Si contrasta la vita cittadina della Romania con quella rurale.  Il narratore bambino possiede una sua percezione mitica del bombardamento di Bucarest nella seconda guerra mondiale. Sacrifici umani, fantasie su New Orleans, eresie religiose, urla senza fine – questo libro si pone sull’orlo della follia, come Les Chants de Maldoror. Forse è tenuto insieme dal suo narratore, innocente, alla ricerca, giovanile, che tutto teme, tutto accetta, tutto studia. È un libro delle meraviglie, un circo popolato da belle e da bestie, un testo che sfonda le porte della percezione e ci stupisce con prodigi dell’invenzione e dell’immaginario. Con la sua perenne alternanza tra malvagità e incantesimo, risulta sempre nuovo e imprevedibile. Cartarescu è il moderno Hieronymus Bosch in prosa, e Abbacinante è il suo Giardino delle Delizie.

 

2016 FINALISTI X EDIZIONE

DANY LAFERRIÈRE  TUTTO SI MUOVE IN TORNO A ME (The world is moving around me) – 66thand2nd – Traduzione di Giuseppe Grimonti Greco e Francesca Scala

Danny Laferrière è nato a Port-au-Prince, Haiti, nel 1953. Nel 1976 ha dovuto lasciare il suo paese e si è stabilito a Montréal. Dopo diversi lavori è diventato un noto giornalista. Nel 1985 pubblica il suo primo romanzo, Come fare l’amore con un negro senza fare fatica (La Tartaruga) da cui è stato tratto un film. Nel 2009 ha vinto il Prix Médicis con L’enigma del ritorno. Nel 2013 è stato eletto all’unanimità membro dell’Académie Française dove occupa il seggio di Montesquieu, diventando così il primo haitiano, ma anche il primo canadese ad ottenere questa onorificenza. Tra i vari libri, quelli pubblicati in Italia: Verso il Sud (La Tartaruga), Paese senza cappello (Nottetempo), Tutto si muove intorno a me (66thand2nd).

YIYUN LI   PIÙ GENTILE DELLA SOLITUDINE  (Kinder than solitude) – Einaudi – Traduzione di Laura Noulian

Yiyun Li è nata a Pechino nel 1972. Nel 1996 si è laureata in Medicina, poi si è trasferita negli Stati Uniti. Ora vive in California. Ha collaborato con «The Paris Review«», «Glimmer Train», «Prospect» e «The New Yorker» che, nel 2010, l’ha nominata tra i 20 migliori scrittori americani con meno di 40 anni. Nello stesso anno ha ricevuto il prestigioso McArthur “Genius” Prize.  Il suo primo libro, Mille anni di preghiere (Einaudi), ha vinto il Frank O’Connor Short Story Award, il Pen/Hemingway Award e il Guardian First Book Award, mentre il suo romanzo I girovaghi (Einaudi) ha vinto la medaglia d’oro del California Book Award for Fiction. Il suo libro più recente è Più gentile della solitudine (Einaudi).

DINAW MENGESTU  TUTTI I NOSTRI NOMI (All our names) – Frassinelli – Traduzione di Mariagiulia Castagnone

Dinaw Mengestu è nato ad Addis Abeba nel 1978. A due anni con la madre e la sorella ha raggiunto il padre negli Stati Uniti durante gli anni del “Terrore rosso”. I primi due romanzi, Le cose che porta il cielo (Piemme) e Leggere il vento (Piemme) hanno hanno subito riscosso l’attenzione della critica ed ha ricevuto alcuni dei premi letterari più prestigiosi degli Stati Uniti, come il Guardian First Book Award, il Los Angeles Times Art Seidenbaum Award for First Fiction e l’Ernest J. Gaines Award for Literary Excellence, tra altri. Inoltre, nel 2012 ha ricevuto il MacArthur “Genius” Prize. Tutti i nostri nomi (Frassinelli) è il suo terzo romanzo.

LORRIE MOORE  BARK (Bark) – Bompiani – Traduzione di Alberto Pezzotta

Lorrie Moore, nata a New York nel 1957, è famosa sopratutto per i suoi racconti pieni di umorismo e pathos allo stesso tempo. Ha contribuito al “Paris Review” e il suo primo racconto apparso sul “New Yorker” venne incluso da John Updike in The Best American Short Stories of the Century. Ha ricevuto molti riconoscimenti tra cui nel 1988 l’O. Henry Award, l’Irish Times International Prize for Literature per Ballando in America (Bompiani), il PEN/ Malamud Award e il Rea Award. Ed è membro dell’American Academy of Arts and Sciences e dell’American Academy of Arts and Letters. Editi da Bompiani sono usciti Tutto da solaBallando in AmericaOltre le scale e Amo la vita e Bark


 

PREMIO GREGOR VON REZZORI

 

PER LA MIGLIOR TRADUZIONE DI UN’OPERA DI NARRATIVA STRANIERA

FULVIO FERRARI

L’ARTE DI COLLEZIONARE MOSCHE  by Fredrik Söjberg (Iperborea)

Fulvio Ferrari è nato a Milano nel 1955. Ha studiato presso le università di Torino, Milano e Stoccolma. Dal 1981 svolge l’attività di traduttore letterario, traducendo prima dal tedesco, poi dallo svedese, dal norvegese e dall’olandese. Durante la sua attività di traduttore ha curato le versioni italiane di alcuni testi medievali nordici e olandesi. Tra gli autori da lui tradotti figurano: Hölderlin, Klaus Mann, Sven Delblanc, August Strindberg, Göran Tunström, Stig Dagerman, Fredrik Sjöberg, Knut Hamsun, Cees Nooteboom, Adriaan van Dis. È attualmente direttore del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.

2015 IX EDIZIONE VINCE VLADIMIR SOROKIN

LA GIORNATA DI UN OPRIČNIK  (Atmosphere Libri) Traduzione di Denise Silvestri

Vladimir Sorokin è nato a Mosca nel 195. È stato anche sceneggiatore, drammaturgo, pittore, grafico e librettista per il teatro Bolshoj. Provocatore, irriverente, deve la sua notorietà internazionale al romanzo La coda (pubblicato in Italia da Guanda). Ghiaccio, uscito in Russia nel 2002, è stato pubblicato da Einaudi nel 2005. I suoi libri sono stati tradotti in ventidue lingue. Ha ricevuto il titolo di Chevalier des Arts e Lettres ed è membro del PEN russo.

Questa la motivazione con cui la giuria ha assegnato il Premio a Vladimir Sorokin:
“Il romanzo di Vladimir Sorokin si svolge nell’anno 2027 in una Russia fittizia. Racconta un giorno della vita di un Opričnik. E’ un riferimento a una setta creata da Ivan il Terribile nel 1565 con lo scopo di eliminare i suoi nemici spesso ricorrendo a mezzi brutali e cruenti. Nel mondo raccontato da Sorokin gli eccessi dell’impero di Ivan il Terribile e della Russia di Putin sono ampliati e resi nei più fantasiosi ed orrendi dei modi. Nessun dettaglio ci è risparmiato.
Dallo stupro di gruppo della moglie di un nobile sospetto, trovata nascosta in una gigantesca stufa ad una visita degli Opričnik ad una sauna dove si godono un’orgia sublimata da droghe e dai vapori del kvass e poi si rilassano ascoltando Rachmaninov sorseggiando champagne dello Szechuan.

Questi odierni Opričniki invece che con i neri stalloni del tempo antico si spostano su delle Mercedes russe sul cui cruscotto sono appese delle teste di cane tagliate di fresco. Una delle particolarità di questo libro è il linguaggio inventato da Sorokin per raccontare questa nuova Russia. E’ un mish-mash di gergo di business, di diktat della Russia imperiale,
di propaganda sovietica e di folklore.

Al primo impatto La giornata di un Opricnik sembra essere precipitato tra noi da un altro pianeta, ma ha un posto ben radicato nella tradizione russa. Si sente l’eredità di due grandi satiristi, Bulgakov e Gogol nel cumulo barocco dei dettagli, nell’abile tessitura di fantasia e di realtà, nell’azione senza sosta. Naturalmente si sentono degli echi di Solgenitsin da Ivan Denisovic  come pure la vertiginosa abilità linguistica ci fa pensare a Dostoevskij.

Sorokin piace non solo per la sua continuità col passato, ma perché ne fa qualcosa di estremamente nuovo, terrificante e comico. Edmund White lo ha definito con grande efficacia “un diamante nero”.

2015 XI EDIZIONE FINALISTI

DAŠA DRNDIĆ TRIESTE  (Bompiani) Traduzione di Ljiljana AvirovicDaša Drndić è nata in Croazia. Laureata all’Università di Belgrado – Facoltà di Filologia presso il Dipartimento di lingua e letteratura inglese, con una borsa di studio Fullbright, continua il suo corso di studi in Teatro e Comunicazione negli Stati Uniti, conseguendo infine il dottorato con una ricerca su Sinistra e Protofemminismo, presso la Facoltà di discipline umanistiche e Scienze sociali all’Università di Reika (Fiume), Croazia. Ha scritto una trentina di sceneggiati radiofonici, pubblicato prose e poesie. È scrittrice di romanzi tradotti in inglese, francese, polacco, sloveno, tedesco, slovacco.

ANDREW MILLER   PURA    (Bompiani) Traduzione di Sergio Claudio Perroni

Andrew Miller è nato a Bristol nel 1960. Ha vissuto in Spagna, Giappone, Irlanda e Francia, e ora vive nel Somerset. Il suo primo romanzo, Il talento del dolore, è stato pubblicato nel 1997 e ha vinto il James Tate Black Memorial Prize per la narrativa, l’International IMPAC Dublin Literary Award e il Premio Grinzane Cavour. Sono poi seguiti altri cinque romanzi, tra cui Pura, che ha vinto nel 2011 il Costa Book of the Year Award. Tra gli altri riconoscimenti: Ossigeno è stato finalista al Booker Prize 2001 e al Whitbread Novel Award 2001. Pura è stato finalista al Walter Scott Prize 2012, al South Bank Sky Arts Award e all’Independent Booksellers Week Book Award.

GUADALUPE NETTEL   IL CORPO IN CUI SONO NATA  (Einaudi) Traduzione di Federica Niola

Guadalupe Nettel è nata a Città del Messico nel 1973. È autrice di quattro raccolte di racconti tra cui Pétalos y otras historias incómodas (2008) e El matrimonio de los peces rojos (2013); e di un romanzo: El huésped (2006). Ha ricevuto diversi riconoscimenti tra i quali il premio franco-messicano Antonin Artaud (2008), il premio tedesco Anna Seghers (2009) e il Premio de narrativa breve Ribera del Duero (2013). Il corpo in cui sono nata è il suo primo libro tradotto in italiano.

TOMMY WIERINGA  QUESTI SONO I NOMI  (Iperborea) Traduzione di Claudia Cozzi e Claudia Di PalermoTommy Wieringa, nasce nel 1967 a Goor in Olanda, al confine con la Germania, e debutta nel 1995 raggiungendo la fama internazionale nel 2002 con il romanzo Alles over Tristan (Tutto su Tristano), che si aggiudica il Premio Halewijn ed è nominato al prestigioso Premio AKO. Con Joe Speedboat vince il Premio Bordewijk nel 2006 e con Questi sono i nomi conquista la critica che l’ha paragonato a Salinger, John Irving e Paul Auster. Wieringa scrive per varie testate ed è colonnista di De Volkskrant.

 

PREMIO GREGOR VON REZZORI

PER LA MIGLIOR TRADUZIONE DI UN’OPERA DI NARRATIVA STRANIERA

FEDERICA ACETO END ZONE di Don DeLillo (Einaudi)

Federica Aceto si è laureata in lingue e letterature straniere moderne all’Istituto Universitario Orientale di Napoli. Dopo la laurea ha vissuto diversi anni in Irlanda dove ha conseguito un master in Letteratura anglo-irlandese presso lo University College Dublin e ha lavorato come language assistant nel dipartimento di italianistica della stessa università. Traduce narrativa dall’inglese dal 2004. Tra gli autori da lei tradotti: Martin Amis, J.G. Ballard, Don DeLillo, Stanley Elkin, A.L. Kennedy, Ali Smith. Oltre a occuparsi di traduzione, insegna lingua inglese nella scuola media della casa circondariale di Rebibbia.

2014 VIII EDIZIONE VINCE MAYLIS DE KERANGAL

Maylis de Kerangal, Nascita di un ponte (Feltrinelli)

È Maylis de Kerangal con Nascita di un ponte – Feltrinelli, traduzione di Maria Baiocchi con Alessia Piovanello – la vincitrice dell’ottava edizione del Premio Gregor von Rezzori per la migliore opera di narrativa straniera tradotta in Italia. La scrittrice francese è stata premiata oggi alla presenza del Sindaco di Firenze Dario Nardella. Ad annunciare la vincitrice, nel corso di una cerimonia che si è svolta nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, la giuria composta da Ernesto Ferrero, Beatrice Monti della Corte, Edmund White, Alberto Manguel e Andrea Bajani.

 Questa la motivazione con cui la giuria ha assegnato il Premio a Maylis de Kerangal:

 “In tempi di solipsismi, di narrazioni intimidite al cospetto di un mondo troppo grande per poter essere raccontato, un romanzo corale, epico come Nascita di un ponte, arriva come un meteorite. La storia è quella di un ponte faraonico che prova a innalzarsi in un’America immaginaria, dove la giungla e il futuro vanno a braccetto giorno dopo giorno. Ma la storia è soprattutto quella di tutti gli uomini e tutte le donne che si muovono, in tutto il pianeta, per raggiungere il ponte. Ciascuno con la propria storia, e con famiglie sconvolte dal Mondo Nuovo che il Ponte in qualche modo simboleggia. E così stanno lì, insieme: una calamita e insieme a lei una miriade di limature di ferro che risalgono il tempo e lo spazio.

È in qualche modo un Furore al contrario, questo libro di Maylis de Kerangal: non la miseria che mette in marcia le masse – tutte insieme – ma il suo contrario, il denaro che si alza nel cielo nelle fattezze di un ponte, come un sol dell’avvenire fatto di acciaio e calcoli, sudore, viti e bulloni. In comune un coro di voci, la letteratura che accetta la sfida di raccontare tutto il mondo e non soltanto una scheggia conficcata da qualche parte. Il tutto tenuto insieme da una lingua intensa, attenta al dettaglio, incalzante. È questa lingua il vero prodigio del romanzo, la prova di una scrittrice che alla letteratura chiede ancora tutto, guardando il mondo dritto negli occhi”.

 

2014 FINALISTI

Leopoldo Brizuela, Una Stessa Notte (Ponte alle Grazie)

Leopoldo Brizuela (Argentina, 1963) è fra i maggiori scrittori argentini della sua generazione. Il suo romanzo Inglaterra ha vinto il prestigioso premio Clarín ed è stato tradotto in molte lingue da case editrici di grande fama. Con Una stessa notte ha vinto il premio Alfaguara 2012. Collabora con i maggiori quotidiani argentini.

 

Dave EggersOlogramma per il re (Mondadori)

Dave Eggers (Stati Uniti, 1970) è l’autore di nove libri tra cui: L’opera struggente di un formidabile genio (2001), Erano solo ragazzi in cammino (2008, finalista del National Book Critics Circle Award), Le creature selvagge (2009) e Zeitoun (2010). È inoltre il fondatore di una casa editrice indipendente, ‘McSweeneys’ e di un mensile ‘The Believer’.  Ha scritto insieme alla moglie Vendela Vida la sceneggiatura del film Away We Go, diretto da Sam Mendes. Eggers è il fondatore di 862 Valencia una scuola di scrittura creativa no profit per bambini e ragazzi tra i 6 e i 18 anni. Vive nel Northern California con la sua famiglia.

Georgi Gospodinov, Fisica della malinconia (Voland) 

Georgi Gospodinov (Bulgaria, 1968) è poeta innovativo e raffinato, prosatore e studioso di letteratura, oggi considerato uno dei più noti e promettenti autori bulgari. Con il suo primo romanzo, Romanzo naturale (1999), accolto come una vera rivelazione, ha immediatamente incontrato il favore di critica e pubblico  e ha ottenuto il primo premio del concorso Razvitie per il romanzo bulgaro contemporaneo. È tradotto in varie lingue, fra cui l’inglese, il francese, il ceco, il serbo.

Tom McCarthy, C   (Bompiani)

Tom McCarthy (Inghilterra, 1969) è conosciuto nel mondo dell’arte per la sua partecipazione al gruppo avanguardista International Necronautical Society (INS). Il suo primo romanzo Remainder è uscito nel 2005 e nell 2008 ha vinto Believer Book Award che diventera’ un film. Con il romanzo, C (2012) è stato finalista al Man Booker Prize 2010 e dell Walter Scott Prize. Nell 2013 ha ricevuto dalla Yale University, il Windham Campbell Prize for Fiction.

2013 VII EDIZIONE VINCITORI

La Miglior Opera di Narrativa Straniera

Juan Gabriel Vásquez, The Sound of Things Falling
(Ponte alle Grazie, 2012, translation by Silvia Sichel)

La Motivazione

Fra gli scrittori sudamericani viventi Juan Gabriel Vasquez occupa senz’altro un posto di primissimo piano.

Nato a Bogotà, in Colombia, trascorre diversi anni in Europa, ma poi torna a vivere in patria. Le sue pagine affrontano a muso duro le tante facce della realtà colombiana, centro del traffico internazionale di droga. “Sono nato insieme al business della droga, quando i mercanti americani hanno scoperto gli incredibili proventi che si potevano ottenere con la cocaina”.

Il suo nuovo romanzo, Il rumore delle cose che cadono, è una storia di cospirazioni e di sangue, di personaggi posti di fronte a misteri la cui soluzione può risolvere anche le loro vite spezzate. È un noir, ma con la forza della vera letteratura. È un libro che si divora, ma che costringe a profonde riflessioni sul destino e sulla morte.

La prosa di Vasquez è capace di concatenare la delicatezza degli incontri fra due esseri umani e la ferocia di crimini che coinvolgono intere popolazioni. È, il suo, il realismo meno magico che si possa immaginare, ma è un realismo commovente e lancinante insieme. La sua prosa è la linea che unisce le nostre vite quotidiane e normali a quelle forze che, lasciate incontrollate, possono condizionare e manomettere e distruggere le nostre esistenze. E questa è una forma di magia potentissima.


La Miglior Traduzione

Alessandro Fo, versione italiana di Eneide, di Publio Virgilio Marone (Einaudi 2012)

La vitalità di un mondo si misura sulla sua inclinazione a interrogarsi su se stesso. Per questo dobbiamo essere grati ogni volta che un editore ripubblica un classico in una nuova traduzione.  Perché ci offre l’occasione di rileggere e riascoltare cose remote e conosciute in un linguaggio nuovo e sconosciuto, e tuttavia profondamente nostro, situato com’è nel nostro tempo. Se poi quel classico è l’Eneide, rileggere equivarrà a riconsiderare il nostro essere nel mondo, a riproporre ancora una volta quel rapinoso enigma che nessuno – non Virgilio e non il suo più commosso interprete, quello Hermann Broch che lo stesso Rezzori ammirava immensamente – ha mai potuto sciogliere.

Alessandro Fo non è soltanto uno studioso e un traduttore di prim’ordine; è anche, e ben più intimamente, un poeta e un maestro che nel colloquio appassionato e sommesso – con gli autori, con gli allievi, con i lettori – ha trovato e trova, ogni giorno di nuovo, il senso della propria vocazione. Così deve essere stata una sorta di devozione, di responsabilità etica non solo “resistenziale”, non solo vòlta a custodire e a serbare ma anche a riaffermare e a rifondare, ciò che ha spinto Fo ad affrontare l’enorme fatica di studio e di ricognizione, l’inàne lotta con l’angelo della lingua e con i demòni della metrica e del ritmo, e anche quella più segreta e feroce battaglia con i propri limiti e la propria fragilità nel dare la voce, la propria, a un modello inarrivabile. Sostiene, Fo, di aver lavorato, e lottato, cercando di “limitare le perdite”. Noi riteniamo invece che abbia radiosamente sbaragliato le schiere, e che la sua versione sia un autentico atto di restituzione, al nostro tempo, dell’originale e dell’universo che gli ruota attorno. E di questo sentiamo qui, oggi, il desiderio di ringraziarlo.

 

Finalisti

Jennifer Egan, Look At Me (Minimum Fax)
Etgar KeretSuddenly, A Knock at the Door (Feltrinelli)
Atiq RahimiA Curse on Dostoevsky (Einaudi)
Jeanette WintersonWhy Be Happy When You Can Be Normal? (Mondadori)

2012 VI EDIZIONE VINCITORI

 

La Miglior Opera di Narrativa Straniera

Enrique Vila-MatasEsploratori dell’abisso (Feltrinelli 2011, traduzione di Pino Cacucci)

La Motivazione

«Enrique Vila-Matas appartiene ad una razza di cannibali letterari, cioè di quegli scrittori che si nutrono della letteratura stessa. I suoi antenati sono Diderot, Raymond Russell e W.G. Sebald, e in ogni suo libro è stato il cronista di scrittori che non volevano scrivere, lettori stufi della lettura, libri composti di pagine vuote, storie di vite vissute che sono una pura finzione. Esploratori dell’abisso è una collezione di saggi che diventano finzione, racconti che diventano reali e semplicemente pagine di uno scrittore troppo preoccupato di verità letteraria per tenere conto dei confini tra quello che consideriamo un mondo reale e quello che consideriamo un mondo sognato.

Il suo stile, preciso come uno scalpello, non è ingombrante. Sembra solo che pensi ad alta voce con poetica precisione i problemi essenziali di un credo letterario.

In uno dei suoi scritti, Vila-Matas ha dichiarato: “lotto contro la realtà con finzione”. Come tutte le cose che ha detto, questo è solo una maschera. Con le pretese di combattere la realtà, Vila-Matas ce la  svela usando la sua abilità di narratore e trasforma il nostro mondo quotidiano in qualcosa di lucido, luminoso e meravigliosamente commovente.»


 

La Miglior Traduzione

Bruno Berni per la traduzione di I figli dei guardiani di elefanti di Peter Høeg.

La Motivazione

«Dare voce ai bambini e agli adolescenti è, in letteratura, una prova ad alto rischio. Scrittore curioso e multiforme, Peter Høeg si è divertito in questo serissimo gioco, costruendo con sapienza un’architettura insieme robusta e ariosa, conscia dei precedenti illustri (da Dickens a Mark Twain) ma insieme originalissima e fortemente caratterizzata. Tradurre e rendere godibile e convincente un simile impasto, leggero all’apparenza ma in realtà estremamente complesso e stratificato, ha costituito una sfida che solo un profondo conoscitore della realtà danese come Bruno Berni poteva sperare di vincere. Mediatore infaticabile delle letterature nordiche nel nostro paese, forte di una frequentazione appassionata e prolifica con i massimi autori della Danimarca, Berni ha dimostrato di sapersi muovere con maestria anche nel registro ilare e giocoso, rendendo nella nostra lingua tutte le asprezze, le iperboli, le buffonerie, le immagini fantastiche dell’originale, ma senza mai derogare dal principio del rigore filologico e senza mai indulgere al facile ammiccamento, a uno pseudolinguaggio banalmente “giovanile”. Come sa bene chiunque pratichi il mestiere di traduttore letterario, nulla è più insidioso della apparente “facilità”, della “scorrevolezza”, della “levità”. Restituirle senza farne una caricatura o, peggio, una involontaria parodia, richiede raffinata perizia, massima sorveglianza, grandissima fatica. Nascondere – come suggeriva Hofmannsthal – la profondità nella superficie è una delle più ardue prove cui sia chiamato un traduttore. Ma è anche il miglior banco di prova del suo valore. Per questa ragione siamo lieti quest’anno di premiare Bruno Berni.»


 

Finalisti

Emmanuel CarrèreVite che non sono la mia (Einaudi) 

Jenny ErpenbeckDi passaggio (Zandonai)

Damon GalgutIn una stanza sconosciuta (e/o) 

Jón Kalman StefánssonParadiso e inferno (Iperborea)

2011 V EDIZIONE VINCITORI

 

La Miglior Opera di Narrativa Straniera

Aleksandar Hemon, Il ProgettoLazarus (Einaudi, translation by Maurizia Balmelli)

Aleksandar Hemon è nato a Sarajevo nel 1964 e dal 1992 vive negli Stati Uniti, dove è rimasto bloccato dallo scoppio della guerra in Bosnia poco tempo dopo il suo arrivo. Tre anni più tardi ha cominciato a scrivere in inglese e nel 2004 ha ricevuto uno dei più grandi riconoscimenti, il prestigioso “genius grant” della MacArthur Foundation. Presso Einaudi ha pubblicato Spie di Dio nel 2000 e Nowhere Man nel 2004. Il progetto Lazarus,  finalista al National Book Award 2008.

La Motivazione

«Il progetto Lazarus di Aleksandar Hemon è un romanzo di 290 pagine, ma in tutto il libro non c’è nemmeno un paragrafo superfluo. Questo romanzo potente (il terzo libro pubblicato da Hemon) racconta due storie ambientate in momenti storici diversi. La prima vicenda, che risale all’inizio del ventesimo secolo, riguarda un immigrato ebreo di nome Lazarus, che viene scambiato per un pericoloso assassino anarchico e viene ucciso a Chicago. Lazarus viene rapidamente sepolto, ma (in un’orrida variazione sul nome), il suo corpo viene dissotterrato da studenti di medicina che lo privano degli organi. Olga, la sorella di Lazarus, si batte per recuperare il corpo del fratello, per dargli degna sepoltura, nel rispetto del loro credo religioso, e per riabilitarne il nome. 

L’altra storia, che si svolge in epoca contemporanea, riguarda uno scrittore bosniaco di nome Vladimir Brik, residente a Chicago, che comincia a interessarsi della vicenda di Lazarus. Cerca di ricostruirla e di riviverla, tornando in Europa orientale insieme a un amico fotografo. La violenza casuale della Sarajevo di oggi (il fotografo viene ucciso da un passante che vuole provare il suo nuovo fucile) si sovrappone alla violenza dei poliziotti della Chicago di inizio secolo.

La narrazione di Hemon è sempre vivace e autentica, sia quando descrive come Brik si frattura una mano pestando un odioso ruffiano, sia quando racconta di come, nella Chicago dei primi anni del Novecento, un ebreo viennese cerca di ottenere informazioni incriminanti dalla sorella di Lazarus con lusinghe. La maggior parte dei romanzi perdono slancio o interesse o si ripetono; Il progetto Lazarus invece rimane conciso, dinamico e veritiero dall’inizio alla fine.

Lo stile narrativo di Hemon è sempre avvincente. Nel momento in cui si comincia a leggere una pagina, o anche solo una frase, si viene trascinati dalle potenti correnti della narrazione. La sintassi è lineare, perfino ruvida, ma la sensibilità di Hemon è attenta a quei dettagli che riempiono di vita ogni ritratto e ogni scena.  

Viviamo in un mondo frammentato di immigrazione, pulizia etnica, guerre tribali, globalizzazione, sfruttamento del terzo mondo da parte del primo. Sebbene tale frammentazione abbia raggiunto l’apogeo ai giorni nostri, essa è cominciata con l’inizio della modernità e con l’emergere di un’economia internazionale e di una guerra industrializzata. Senza mai essere didascalico o saggistico, Hemon ci pone di fronte ai grezzi dati umani di una società violenta e disgregata e ne fa risalire le origini all’alba del ventesimo secolo. Tuttavia, queste grandi forze sono sempre messe in evidenza da personaggi memorabili, che spesso agiscono e reagiscono ignorando completamente l’esistenza dell’altro.

Aleksandar Hemon dissipa questa ignoranza e ci consente di capire ciò che appare misterioso e inaccessibile all’occhio non istruito. È la nostra guida tra le grandi incomprensioni che minano la coesione del nostro mondo. Grazie all’occhio di Hemon, possiamo finalmente rendere trasparente l’opaco e comprensibile l’imperscrutabile.  Hemon è un maestro della narrazione e i suoi racconti hanno un ritmo svelto, personaggi convincenti e particolari, scene che si imprimono nella nostra coscienza con la forza accecante del flash di una macchina fotografica scattato nel buio. Ma le sue narrazioni non sono soltanto piacevoli e avvincenti; sono anche emblematiche della politica controversa dei giorni nostri.»


 

La Miglior Traduzione

Franca Cavagnoli (Feltrinelli) 

Tommaso Pincio (minimum fax)

Roberto Serrai (Marsilio)

The prize for the best Italian translation of a work of foreign fiction awarded ex-aequo for the translation of The Great Gatsby by F. Scott Fitzgerald


 

Finalisti

Marie NdiayeTre donne forti (Giunti Editore)

Marie Ndiaye è nata a Pithivier nel 1967 da padre senegalese e madre francese. Si è laureata a L’Académie de France a Roma. Tra il 1985 e il 2009 ha pubblicato più di venti opere tra romanzi, racconti e commedie teatrali. In Italia sono stati pubblicati alcuni suoi romanzi tra cui In Famiglia, Il Pensiero dei sensi, La diavolessa, Tutti i miei amici, Papà è tornato, Fuori stagione, Una stretta al cuore e Tre donne forti. Ha vinto il Prix Femina nel 2001 e il Prix Goncourt nel 2009 per Tre donne Forti. Oggi vive a Berlino con il marito e tre figli.

David Mitchell, I mille autunni di Jacob de Zoet (Frassinelli)

David Mitchell, nato nel 1969 a Southport, nel Lancashire, è laureato in Letteratura inglese e americana e ha conseguito un ulteriore diploma in Letteratura comparata. Ha vissuto in Giappone, insegnando inglese, dal 1994 al 2003, quando si è trasferito in Irlanda, dove attualmente risiede con la moglie e figli. Insignito di numerosi premi, ha pubblicato Nove gradi di libertà, vincitore del Mail on Sunday/John Llewellyn Rhys Award; in seguito, Sogno numero 9 e L’atlante delle nuvole, entrambi finalisti del Man Booker Prize, e A casa di Dio. I mille autunni di Jacob de Zoet è finalista al Man Booker Prize 2010.

Miguel SyjucoIlustrado (Fazi)

Miguel Syjuco è nato e cresciuto a Manila. Il suo libro d’esordio Illustrado ha vinto il Man Asian Literary Prize, Hugh MacLennan Prize e il Palanca Award. E’ stato finalista per il Grand Prix du livre in Montreal, per l’Amazon First Novel Award e per il Commonwealth First Book Prize per il Canada e i Caraibi. Sarà tradotto in più di quindici lingue. Syjuco si è laureato in letteratura inglese all’Università di Manila, un master in scrittura creativa alla Columbia University e un dottorato in letteratura all’Università di Adelaide. Ha scritto per i seguenti giornali: New York Times, International Herald Tribune, Drawbridge, Walrus, Globe & Mail, CBC. Attualmente vive a Montreal.

Wells TowerTutto bruciato, tutto devastato (Mondadori)

2010 IV  EDIZIONE VINCITORI

La Miglior Opera di Narrativa Straniera

Percival Everett, Wounded (Nutrimenti)

Percival Everett è nato a Fort Gordon in Georgia USA nel 1957. Distinguish Professor alla University of Southern California. Nel 2002 ha vinto il premio Hurston/Wright Legacy Award per il suo romanzo Erasure. Ha scritto libri di racconti, due volumi di poesie e romanzi tra cui, La cura dell’acqua, Deserto americano e Ferito. Percival Everett è un personaggio molto eclettico, musicista jazz e addestratore di cavalli.

La Motivazione

Romanzo felicemente iperbolico, Ferito di Percival Everett ci mostra innanzitutto l’acronica e l’attuale New Arcadia americana, il suo intatto ‘sublime’ naturale –il Deserto Rosso del Wyoming, una specie di vertiginoso, statico deuteragonista delle azioni e dei destini degli uomini. Ma anche, indistinguibili, l’ansia e il tormento dell’identità americana: quali siano i limiti, la responsabilità, la stessa morfologia ideale dell’individuo nei confronti degli altri, dei vicini, dei dissimili, dei non del tutto noti e accettabili.

   Nel suo ranch, a un passo dall’illimitato deserto, il protagonista John Hunt, cowboy nero laureato a Berkeley e studioso di Kandinskij e di Klee, alleva cavalli e riflette, come un filosofo, sul valore universale della pietà e sulle sue applicazioni particolari. Le smentite della storia e il paradosso della fatale, conseguenziale ferocia dello stesso Hunt di fronte all’ingiustizia, costituiscono il fulcro anche diegetico di un libro eccezionale: la cui vicenda corre verso la sua dura conclusione mostrando i segreti e i sussulti di un’umanità che un momento si contraddice e precipita nel disumano, ma poi intimamente e strutturalmente ‘si mantiene’ come indicazione, suggerimento, speranza.


La Miglior Traduzione

Maurizia BalmelliCormac McCarthy’s Suttree (Einaudi).

Maurizia Balmelli nata a Locarno, Svizzera nel 1970, ha vissuto a lungo a Parigi dove ha studiato teatro all’École International du Théâtre Jacque Lecoq e mosso i primi passi nell’editoria collaborando come lettrice con la casa editrice Hachette. Nel 1996 è approdata a Torino per frequentare il Master Golden e due anni dopo ha avviato la sua prima traduzione, Io sono il tenebroso di Fred Vargas. Da allora viaggia con la sua gatta tra la Svizzera e l’Italia, traducendo dal francese e dall’inglese per diverse case editrice e conducendo laboratori di traduzione letteraria. Tra gli autori tradotti, Romani Gary, J.M.G. Le Clézio, Agota Kristof, Emmanuel Carrère. Attualmente traduce il romanzo di Martin Amis.


Finalisti

Héctor Abad , L’oblio che saremo (Einaudi)

È nato a Medellín, Colombia nel 1958. Romanziere, giornalista e traduttore di opere tra cui Italo Calvino, Leonardo Sciascia, Primo Levi, Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Natalia Ginzburg. Tra i suoi romanzi, Angosta e El Olvido que Seremos (L’oblio che saremo – Einaudi, 2009). I suoi romanzi sono stati tradotti in numerose lingue. 

Nam LeI fuggitivi (Guanda)

È nato in Vietnam nel 1978 e cresciuto in Australia. Il suo primo romanzo The Boat (I Fuggitivi – Guanda) è stato accolto dalla stampa con grande interesse e ha avuto i seguenti premi: PEN/Malamud Award, Australian Prime Minister’s Literary Award, Anisfield-Wolf Book Award, Dylan Thomas Prize, The Melbourne Prize, l’U.S. National Book Foundation “5 Under 35” Fiction Selection e giudicato il “Libro dell’anno” in numerosi paesi. I Fuggitivi è stato tradotto in tredici lingue. Nam Le è il redattore fiction della Harvard Review.

Jean Echenoz, Correre (Adelphi) 

È nato a Orange nel 1947 e vive a Parigi. Nel 1979 ha pubblicato il suo primo libro Le Méridien de Greenwich , nel 1983 Lac (Prix Aristeion) seguito nello stesso anno dal Prix Médicis con Cherokee. Nel 1999 vince il prestigioso Prix Goncourt con Je m’en vais.In Italia presso Adelphi sono apparsi Ravel.Un romanzo (2007), Il mio editore (2008) e Correre (2009).

2009 III EDIZIONE VINCITORI

 

La Miglior Opera di Narrativa Straniera

Jhumpa Lahiri, Una nuova terra  (Guanda) 

Jhumpa Lahiri, nata Londra da genitori bengalesi e cresciuta negli Stati Uniti, sin dalla sua prima raccolta di racconti L’interprete dei malanni ha immediatamente colpito l’attenzione della critica ottenendo il Premio Pulitzer nel 2000. L’omonimo, suo primo romanzo apparso nel 2003, è stato varie settimane nella “bestseller list” del New York Times. Ha ricevuto anche il PEN/Hemingway Award, l’O.Henry Award, il New Yorker’s Best Debut of the Year Award. Vive attualmente a New York. Dal suo libro The Namesake, Mira Nair ha tratto il film, “Il destino nel nome”, uscito in Italia nel 2007.

La Motivazione

“Una nuova terra di Jhumpa Lahiri è la delicatissima traduzione narrativa d’un grave, attuale interrogativo: come rimanere se stessi, ma anche come cambiare, da un mondo all’altro, dall’India ancestrale alla East Coast o a Seattle, per esempio. Come poter migrare, apprendere alla lingua della differenza e continuarsi altrove, nel dono di sé.

Mai come oggi i nostri figli “nascono altrove” -è l’epigrafe che l’Autrice ha scelto da Hawthorne- e forse altrove, in una nuova terra, i loro figli “affonderanno le radici”. Gli otto racconti che compongono il volume di Jhumpa Lahiri sono altrettanti, acutissimi studi narrativi su questa mobilità dello sguardo del migrante, poi dell’emigrato, sul mondo che lo accoglie, nonché sui suoi assidui tremori , malinconie e nere cortine calate all’improvviso sulle cose stesse.

A volte, come gli ambasciatori a Parigi delle Lettres persanes di Montesquieu, questi indiani, questi bengalesi, intendono l’Occidente -le sue soluzioni, le sue involuzioni- in modo assolutamente originale: la loro stessa sensibilità, acuita dallo spaesamento, diventa infallibile percezione, o meglio logica, distinzione di vero e falso: ciò che all’Occidente stesso, solo, in sé, di giorno in giorno sempre più risulta sfuggente.”


 
 

La Miglior Traduzione   

 

Claudia Zonghetti

Vasily Semënovič Grossman’s, Vita e destino  (Adelphi)

Claudia Zonghetti è nata a Fano nel 1966, ha studiato Lingue a Ca’ Foscari, dove si è laureata in Letteratura russa con Vittorio Strada. Si è poi specializzata seguendo corsi a Mosca, Oxford, Würzburg. Attualmente vive a Milano dove svolge l’attività di traduttrice letteraria, prevalentemente dal russo. Tra gli autori da lei tradotti, oltre a Vasilij Semënovič Grossman, Gogol, Bulgakov, Pavel Florenskij, Chodasevic, Varlam Salamov, Ivan Bunin, Anna Politkovskaja. Nel 2007 ha vinto il Premio letterario internazionale “Russia-Italia attraverso i secoli” per la sua versione di Diario russo di Anna Politovskaja (Adelphi).


 

Finalisti

David AlbahariL’esca (Zandonai)

È nato a Pècs nel 1948, nell’allora Yugoslavia, vive da molti anni in Canada ed è una delle voci più significative della letteratura serba contemporanea. Ha pubblicato nove raccolte di racconti brevi e undici romanzi in serbo, compreso Leeches (2005). È stato insignito di numerosi riconoscimenti, tra cui l’Ivo Andrić Award, il Balcanica Award e il Berlin Bridge Prize. È membro dell’Accademia Serba di Scienze e Arti. Le sue opere sono pubblicate in oltre sedici lingue, in Italia sono stati sinora tradotti La morte di Ruben Rubenovic (Hefti, 1989), Il Buio (Besa, 2003) e Goetz e Mayer (Einaudi, 2006).

Andrew Sean GreerStoria di un matrimonio (Adelphi)

Nato nel 1970 a Washington e ha studiato con Robert Coover e Edmund White alla Brown University. Vive a San Francisco dove ha iniziato la sua carriera scrivendo per riviste come Esquire, Paris Review e Story, prima di pubblicare la sua prima raccolta di racconti, How It Was for Me. Il suo primo romanzo, The Path of Minor Planets è stato pubblicato nel 2001 e il suo secondo, La confessione di Max Tivoli, nel 2004. John Updike, sul New Yorker, ha paragonato la sua opera a Proust e Nabokov.

Deborah EisenbergIl crepuscolo dei supereroi (Alet Edizioni)

Nata nel 1945 nella periferia di Chicago, Illinois, vive a New York e insegna scrittura creativa all’Università della Virginia. È autrice di quattro raccolte di racconti e di una commedia, Pastorale, che è stata rappresentata al Second Stage di New York. È una delle più importanti scrittrici di racconti della sua generazione, erede diretta di John Cheever e Raymond Carver. Collabora assiduamente con The New York Review of Books. Vincitrice di numerosi premi, tra cui ben cinque “O’Henry Awards”, con Il crepuscolo dei supereroi è entrata tra i finalisti del Faulkner Award for Fiction 2007. I suoi libri sono tradotti in tutta Europa.

Richard FordLo stato delle cose (Feltrinelli) 

Nato nel 1944 a Jackson, Mississippi, è considerato uno dei più grandi scrittori americani contemporanei. Ha pubblicato cinque romanzi e tre raccolte di racconti, tra cui Rock Sprigs (1989), L’estrema fortuna (1990), Incendi (1991), Sportwriter (1992), Il donnaiolo (1993), Il giorno dell’Indipendenza (1996), vincitore dei due premi più prestigiosi d’America: il Pen/Faulkner Award e il Pulitzer prize, Donne e Uomini (2001) e Infiniti peccati (2002). Il tanto atteso nuovo romanzo, Lo stato delle cose, è l’ultimo capitolo della trilogia di Frank Bascombe, dopo Sportwriter e Il giorno dell’Indipendenza.

Ingo SchulzeBolero Berlinese (Feltrinelli)

Nato nel 1962 a Dresda. Ha studiato lettere classiche a Jena e lavorato come drammaturgo e redattore al Altenburg. Dal 1993 vive a Berlino. Nel 1998 il “New Yorker” lo ha annoverato tra i “sei migliori giovani romanzieri europei” e “The Observer” lo ha citato tra i “ventuno autori di cui ci si ricorderà nel ventunesimo secolo. È membro dell’Accademia delle Arti di Berlino e dell’Accademia tedesca per la Lingua e la Poesia. I suoi libri son tradotti in ventisette lingue. In italiano sono stati pubblicati 33 momenti di felicità (Mondadori 1999), Semplici storie (Mondadori, 2001, Feltrinelli, 2008) e Vite nuove (Feltrinelli 2007). Per Bolero Berlinese ha ricevuto il premio della Fiera del Libro di Lipisia.

2008 II  EDIZIONE VINCITORI

La Miglior Opera di Narrativa Straniera

Arturo Pérez-ReverteIl pittore di battaglie (Marco Tropea Editore=)

 


La Miglior Traduzione

Silvia Bortoli
Thomas Mann’s Buddenbrooks (Mondadori)
 

I Finalisti

Peter Cameron, Un giorno questo dolore ti sarà utile (Adelphi)
José Pablo FeinmannL’ombra di Heidegger (Neri Pozza)
Gary ShteyngartAbsurdistan (Guanda)
Charles LewinskyLa fortuna di Meijer (Einaudi)

2007 I EDIZIONE VINCITORI

 

La Miglior Opera di Narrativa Straniera

Hisham Matar, Nessuno al mondo (Einaudi)

La Motivazione

Con Nessuno al mondo, Hisham Matar racconta attraverso gli occhi stupefatti e sofferenti di un bambino di nove anni una delle tante tragiche storie che si consumano nell’ombra di regimi autoritari, come la Libia di Gheddafi, che hanno inverato nel più atroce dei modi gli incubi profetici di Kafka.

Nato a New York nel 1970 da un padre diplomatico, poi coinvolto in un movimento d’opposizione e scomparso da vent’anni,  Matar vive in esilio dal 1979, prima al Cairo, poi a Londra, e scrive in inglese per cercare di cambiare almeno nell’invenzione narrativa gli sfortunati destini del padre, della madre e di un’epoca.

Quello che si consuma in questo romanzo d’esordio, già perfettamente maturo, è una vicenda esemplare di distruzione della personalità, che il regime mette in atto verso i suoi oppositori: arrestati, torturati, umiliati, prima di essere eliminati anche fisicamente. La stessa vicenda che Primo Levi ha analizzato in Se questo è un uomo e in I sommersi e i salvati. Nel paese di delatori e di una onnipotente polizia politica, dove anche i muri hanno le orecchie, il degrado morale praticato dal regime si diffonde come un contagio e trascina nell’abisso anche le sue vittime.

Come ad Auschwitz, non basta essere vittime per essere dalla parte dei giusti. Non è un mondo diviso in buoni e cattivi, quello che Hisham Matar rappresenta, ma la sua perversa complessità, la sua fragilità etica indagata senza paura con cuore di poeta e mano sicura di narratore.

Nessuno al mondo non va dunque letto come una testimonianza o un documento, ma come una prova di vera letteratura, capace di superare le contingenze del tempo e dello spazio per assumere un valore universale. Capace di tracciare una dolente cartografia di territori incogniti, di scomode verità umane.


 

La Miglior Traduzione   

Bruno Ventavoli

Magda Szabo’s, Pilátus (La Ballata di Iza – Einaudi)

Che il “Premio Vallombrosa Gregor von Rezzori” abbia una sezione dedicata alla traduzione è un dato di grande importanza. Rezzori, che amava la lingua e le lingue, aveva infatti, nei confronti degli adepti di quest’arte negletta, una considerazione che andava molto al di là del normale compiacimento di chi vede la propria opera rinascere in un contesto linguistico-culturale diverso dal proprio. Lui che, grazie a uno straordinario talento, era in grado di controllare personalmente le versioni dei suoi libri in quasi tutte le lingue europee, conosceva e onorava la fatica operosa e amorosa di chi si pone al servizio di un’opera perché altri, lontani, possano conoscerla e apprezzarla, e sapeva quanto il successo – o l’insuccesso – di uno scrittore all’estero dipenda dalla capacità del traduttore di sentire dentro di sé, e ricreare per gli altri, un universo sentimentale, l’atmosfera di un paesaggio, colori, odori, sapori remoti o addirittura scomparsi.

Nella Ballata di Iza Magda Szabó dà voce a un mondo che sta caparbiamente dimenticando se stesso nell’illusione che il presente, e soprattutto l’immediato futuro, possano scacciare tutte le ombre, comprese quelle dalle quali veniamo e alle quali siamo destinati a tornare. Sullo sfondo dell’Ungheria degli anni Cinquanta, delle illusioni e delle miserie di quella storia – che è storia di ieri e che è comunque storia di tutti noi – il romanzo racconta e fa agire solitudini, silenzi, occasioni d’amore inascoltate e perdute. Difficile, difficilissimo per il traduttore entrare in quel congegno senza appesantirlo o, viceversa, senza semplificarlo, senza “adattarlo”.

Bruno Ventavoli è riuscito magistralmente a immergersi nel testo senza mai sporcarlo, senza lasciare tracce. Il compito più arduo del traduttore, quello di accordare la propria voce sull’opera, e non viceversa, egli lo ha assolto trovando la misura perfetta tra la necessità di ricreare un tessuto – con tutte le responsabilità “letterarie” che questo comporta – e il dovere imprescindibile di quello che Franco Fortini ha chiamato il “servizio” del traduttore nei confronti dell’originale. Di questo romanzo così ricco e vibrante Ventavoli ha saputo restituire il tono – gli strazi, lo squallore, gli entusiasmi, le attese – con il giusto equilibrio e la giusta partecipazione, e ne ha reinterpretato lo stile, sommesso, prosciugato e insieme alto, con una resa italiana che, dalla prima all’ultima pagina, riesce a non allentare mai la tensione, a non sembrare mai – e questo è il grande paradosso del nostro mestiere, la lode per noi più ambìta – una traduzione.


 

Finalisti

Daniel KehlmannLa misura del mondo (Feltrinelli)

Con La misura del mondo (ed. Feltrinelli) il tedesco Daniel Kehlmann ha scritto un esilarante romanzo in cui filosofia e storia, scienza e letteratura convergono in un raffinato gioco di finzione e realtà. Due grandi personaggi a cavallo fra il Sette e l’Ottocento, il geografo e scienziato Alexander von Humboldt e il grande matematico Carl Friedrich Gauss, sono i protagonisti del romanzo e di una sublime impresa: la misurazione del mondo. L’ uno in giro per le foreste dell’America del sud, insaziabile osservatore di realtà enigmatiche e misteriose, l’altro, perso tra formule e numeri, nel piccolo entourage della Gottinga dell’epoca, ma con la mente protesa verso una scoperta rivoluzionaria: la curvatura dello spazio. Con affabile maestria e un felice senso dell’umorismo Kehlmann ricostruisce l’incontro dei due geni in occasione del Congresso degli scienziati tedeschi a Berlino nel 1828. E’ il punto di partenza per la radiografia di un’epoca carica di aspettative e speranze che la realtà traduce in amare delusioni. Grandezza scientifica e miseria politica, quasi emblemi di un’eterna dissonanza fra creatività e vita, s’intrecciano al destino dei nostri protagonisti nell’età post-napoleonica. Il romanzo declina, sullo sfondo di una complessa epoca, la quotidianità un po’ goffa e bislacca di due maestri aperti sull’infinito della mente, ma travolti dall’angustia della vita. Un destino che Kehlmann ripercorre con irridente ma affettuosa partecipazione, con smagliante sinteticità e irresistibile brio narrativo. Una commedia che fa deflagrare il sublime con il banale, i limiti della vicenda umana con lo sconfinato fervore della mente. Un libro per oggi anche se parla del mondo di ieri. 

Marisha PesslTeoria e pratica di ogni cosa (Bompiani)

Mescolando ironia, ambizione letteraria e talento, la ventottenne Marisha Pessl ha scritto un romanzo d’esordio che è allo stesso tempo un thriller intellettuale capace di tenere il lettore col fiato sospeso, e una storia di formazione che riflette in modo sensibile e acuto sul tema della vulnerabilità dell’adolescenza. Ciò che colpisce in Teoria e pratica di ogni cosa è l’abilità con cui la giovane autrice si muove su diversi registri narrativi. Da un lato rendendo omaggio a Nabokov con numerosi richiami all’universo di Lolita (la trama racconta di uno studioso di mezza età che attraversa l’America in automobile con una ragazzina, da una cittadina universitaria all’altra, in un’avventura a cui fa da sfondo la tragica morte di una donna). Dall’altro agitando la schiuma di una prosa brillante fino all’impertinenza, attraverso la voce narrante di una ragazzina un po’ ingenua per la sua età, ma anche molto allenata al sapere filosofico, politico e letterario, da tutte le ore passate in auto sulle strade americane accanto a un papà intellettualmente esigente. Tutto questo viaggiare, così simile a una fuga, si concluderà nell’ennesima cittadina di provincia dove far luce sul mistero di una serie di delitti coinciderà per la protagonista con il superamento della linea d’ombra che la separa dall’età adulta. Non solo. Scrivendo Teoria e pratica di ogni cosa Marisha Pessl ha voluto anche mostrare come i libri che leggiamo abbiano una profonda influenza sulla nostra vita e le nostre scelte. Che sia riuscita a illuminare questa verità con umorismo e leggerezza, è un ulteriore merito che le va riconosciuto.

Zadie SmithDella bellezza (Mondadori)

Della bellezza di Zadie Smith è un intelligente romanzo-interrogazione sui significati del multiculturalismo e sulle possibilità di sopravvivenza dell’arte e della letteratura nel mondo attuale. Il genere prescelto dall’autrice è il romanzo universitario secondo il canone stabilito negli anni Cinquanta dall’elegante Angus Wilson, poi frequentato negli anni Ottanta dal meno elegante David Lodge. Di questo genere Zadie Smith accoglie e sviluppa originalmente il topos del conflitto tra accademici, qui un Howard Belsey progressista wasp e un Monty Kipps campione del conservatorismo caraibico, entrambi studiosi di Rembrandt nel prestigioso, quanto immaginario, Wellington College della East Coast. Prigionieri e reggenti in un mondo separato, orgoglioso e autocratico, i due protagonisti danno vita un’opposta vicenda autoriflessiva e autoironica dove i sentimenti, anche privati, e le domande generali e assillanti sull’identità della negritude si mescolano sapientemente. Il modello e nume, Edward Morgan Forster con Casa Haward è sullo sfondo, motore e garanzia di un’ispirazione sempre vigile e di una grande delicatezza nella rappresentazione dei lati più difficilmente rappresentabili della psiche umana.


Semifinalisti 2007 I edizione >